BW&BF

sabato 31 maggio 2014

Notizie dalle tenebre - Joe R. Lansdale (2014)

"<<Mr Fine, è un piacere vederla>> [...]
<<Chiamami Stubble, o Stubbs. Non che tu mi sia particolarmente simpatico, ma Mr Fine mi fa sentire vecchio, e la cosa non mi garba. E poi, ogni tanto capita di vederci. Perciò possiamo dire di conoscerci.>>
<<Molto bene, Stubbs...>>
<<Un momento, [...] lasciamo perdere. Chiamami Mr Fine. Suona meglio, venendo dalla tua bocca.>>"
Lo sceriffo e nonno (da "Il vecchio sulla sedia a rotelle")

RECENSIONE
Notizie dalle tenebre, come a volte accade, è un libro che in America, paese natale di Lansdale, non esiste. Esso è infatti una raccolta di alcuni dei racconti che lo scrittore texano scrisse in età giovanile, prima di diventare l'autore acclamato che oggi conosciamo. Come spiega egli stesso nell'introduzione al libro le storie sono state scelte insieme all'editor italiano, e a malincuore, per motivi di spazio, ne ha dovute lasciar fuori molte altre; ma state tranquilli! Non si esclude che in futuro venga pubblicata anche una seconda raccolta.
I sedici episodi selezionati sono quasi tutti inediti in Italia, tranne uno, che forse qualcuno di voi (e mi piace pensare che sia anche, almeno in piccola parte, merito mio) può aver letto: si tratta di Bubba Ho-Tep, di cui vi ho parlato qualche mese fa.
Gli altri racconti toccano i temi ed i generi più svariati, in pieno stile Lansdale: si va dagli omaggi a due immensi scrittori americani, H.P. Lovecraft e Mark Twain, per passare a storie che parrebbero quasi uscite dalla penna di Stephen King. Ma anche strampalate vicende con protagonisti alquanto bizzarri, come l'orso dal carattere decisamente poco gustoso di Mr Orso, o il tanto acuto quanto scorbutico nonnino de Il vecchio sulla sedia a rotelle.
Vi piace l'horror? Oppure preferite le buone, vecchie storie di avventura (e scazzottate) in stile "Hap e Leonard"? O meglio ancora forse il western? Qualunque sia stata la vostra risposta, la scelta è sempre la stessa: Notizie dalle tenebre, fidati di me, vi piacerà!
Voglio però segnalare una svista, nel racconto La caccia: prima e dopo, in cui il protagonista, per andare a caccia con la moglie, affida i figli ai propri genitori; ma alcune pagine dopo spiega che i medesimi sono morti svariati anni prima! Questo lapsus, comunque, non va ad inficiare in alcun modo la bontà della storia.
Detto ciò, non vi resta che tuffarvi a capofitto nella lettura di questo meraviglioso libro, sperando che Lansdale mantenga la promessa e non ci faccia attendere troppo a lungo per la seconda puntata di questo graditissimo "Best of".

BW

Nella nostra libreria:
Joe R. Lansdale
Notizie dalle tenebre (tratti da "Bleeding Shadows", "The Best of Joe Lansdale", "High Cotton" e "Trapped in the Saturday Matinée")
ed. Einaudi Stile Libero Big
468 pag.
traduzione di Luca Briasco

    

venerdì 30 maggio 2014

Dal libro al film: Punch al rum - Elmore Leonard (1992)

"...(Max) guidava verso casa proiettandosi nella testa immagini di Jackie Burke. Soprattutto le immagini in cui lei aveva quella luce negli occhi verdi e quello sguardo che sembrava dirgli: 'Potremmo divertirci'.
A meno che non lo stesse soppesando, con quello sguardo, giudicandolo, e quello sguardo in realtà volesse dire: 'Potrei usarti'.
Forse.
In entrambi i casi era molto eccitante."
Elmore Leonard

IL LIBRO
Jackie Burke è una hostess che, non più giovanissima, lavora per una compagnia aerea a basso costo che fa la spola tra Palm Beach e le Bahamas. Tre matrimoni sbagliati alle spalle, due volte vedova ed una vecchia accusa di spaccio di droga dalla quale è stata poi scagionata, Jackie è ancora molto piacente ed è molto sveglia, ragion per cui rappresenta la persona ideale per portare a termine alcuni lavoretti per il gangster Ordell Robbie. Quest'ultimo è un trafficante d'armi che ha bisogno di far rientrare clandestinamente una bella somma di denaro (circa mezzo milione di dollari) da Freeport agli Stati Uniti e, per farlo, utilizza a più riprese la bella Jackie che, così facendo, ha modo di arrotondare uno stipendio abbastanza misero. 
Ma un giorno succede che, appena scesa dall'aereo, viene perquisita da due agenti dell'antifrode in borghese, Tyler e Nicolet, che le trovano nella borsa da viaggio, oltre ai soldi, anche una bustina contenente cocaina. La hostess viene così tratta in arresto, finchè non si presenta Max Cherry, un garante di cauzioni, che la fa uscire di prigione con i soldi passatagli da Robbie il quale, temendo che Jackie possa aver fatto il proprio nome ai poliziotti, si introduce in casa sua con l'intenzione di eliminarla. Ma Jackie è furbissima, e non solo rassicura il boss sul fatto che non farà mai la spia, ma riesce ad elaborare un piano tanto geniale quanto rischioso per impossessarsi dell'intero malloppo. Max Cherry, vittima di un vero e proprio "colpo di fulmine" nei confronti dell'affascinante hostess, accetta di aiutarla nell'impresa.

IL FILM
È il 1997 quando Quentin Tarantino, da sempre grande ammiratore di Leonard, decide di portare sugli schermi Punch al rum, modificando alcune cose a partire dalla protagonista: se la Jackie Burke del romanzo è bianca, bionda addirittura, nel film il regista di Torrance sceglie di far interpretare il ruolo della bella hostess alla regina del cinema di blaxploitation, la mitica Pam Grier. Quentin (lo dicono gli attori stessi che hanno lavorato con lui) è bravissimo nel far rendere tutti al massimo, ed anche Pam Grier non fa eccezione, recitando alla grandissima nelle vesti di un personaggio non semplice e dalla fortissima personalità. Sempre volendo omaggiare il film che contribuì a rendere famosa l'attrice di colore (ovvero Foxy Brown), Tarantino sceglie di cambiarle anche il cognome, mutando anche il titolo della pellicola che diventa così Jackie Brown.




Spostando il luogo dell'azione dalla Florida meridionale a Los Angeles, il geniaccio italoamericano riunisce un cast di primissimo ordine. Della Grier abbiamo già detto, dopodichè abbiamo Samuel Jackson nella parte di un fenomenale Ordell Robbie, e Bridget Fonda che interpreta molto bene la "ragazza del boss" Melanie e, cosa che non guasta, mostrando generosamente le proprie forme recitando quasi sempre in bikini e shorts. Nel ruolo di Louis Gara, ex rapinatore di banche un po' arrugginito abbiamo invece uno strepitoso Robert De Niro, Michael Keaton è pressochè perfetto nei panni dell'agente Ray Nicolet ed infine per la parte di Max Cherry viene scelto, un po' a sorpresa (inizialmente il favorito era Gene Hackman), il redivivo Robert Forster. Attore un po' dimenticato dal grande pubblico, ma non da Tarantino che si professa suo fan da tempo immemore, Forster lo ripagherà con una interpretazione memorabile che lo porterà a sfiorare l'Oscar come miglior attore non protagonista.
Jackie Brown, pur rispettando nel complesso il libro di Leonard si contraddistingue però, oltre ad una stupenda caratterizzazione dei personaggi (qualità che era già presente nell'opera originale) anche, e soprattutto, per un'insieme di elementi peculiari che costituiscono da soli il marchio di fabbrica del cinema tarantiniano. Le particolarissime inquadrature, i dialoghi serrati, una serie di figure femminili sexy ma allo stesso tempo scaltre e determinate, le continue citazioni di oscure pellicole di culto che, dopo esser state omaggiate da Tarantino, vengono puntualmente riscoperte e rivalutate anche dalla massa; tutto questo contribuisce, da sempre, al successo dei suoi film.
Eppure Jackie Brown, specialmente all'inizio, tende a dividere in maniera netta il pubblico e la critica: chi lo giudica un clamoroso fiasco, e chi grida al capolavoro. Io stesso ricordo che rimasi piuttosto deluso all'epoca: ero andato al cinema aspettandomi un classico film "alla Tarantino", brillante e dal ritmo sostenuto, mentre invece avevo assistito a qualcosa che mi parve troppo lento e quasi un po' noioso.
Invece devo dire che aveva proprio ragione il buon Quentin quando all'epoca dell'uscita di Jackie Brown rispondendo ai suoi detrattori affermò: "Se questo film l'avesse girato un regista di cinquant'anni avrebbero tutti parlato di grande prova di maturità o altre stronzate del genere, l'ho fatto io che di anni ne ho solo trentaquattro e dicono che è una noia. Questo è un film che bisogna vedere più volte per poterlo apprezzare appieno."
Ed a ulteriore dimostrazione dell'esattezza di questa tesi porto il mio piccolo contributo dicendo che, ad oggi, Jackie Brown è probabilmente il film di Tarantino che, di tanto in tanto, riguardo più volentieri.
In conclusione: 10 con lode sia al libro che al film.

BF

Nella nostra libreria:
Elmore Leonard
Punch al rum (Rum Punch)
ed. Einaudi Stile Libero Big
317 pag.
traduzione di Stefano Massaron


giovedì 29 maggio 2014

O me o muuh! - Katarina Mazetti (1998)

"Quando ho capito di essere innamorato di lei, non ho sentito un clic. Piuttosto, è stato un po' come quando per sbaglio mi sono appoggiato alla recinzione elettrica delle manze."
Benny Söderström

TRAMA
Desirée Wallin è una vedova poco più che trentenne. Piuttosto anonima, la sua vita è totalmente incentrata sulle uscite con la sua amica Märta e sul suo lavoro in una biblioteca cittadina.
Benny Söderström è invece un giovanotto più o meno della stessa età che vive in un piccolo villaggio a circa quaranta chilometri da lei. La sua vita, ogni giorno, comincia alle cinque e finisce alle dieci e mezza, dopo che si è occupato della fattoria e delle sue ventiquattro mucche.
Cosa hanno in comune i due? Assolutamente niente, o quasi: Örjan, il defunto marito di lei, "riposa" nella tomba accanto a quella dei genitori di lui.
Galeotto fu il cimitero; complici forse anche gli ormoni, i due inaspettatamente cominciano a frequentarsi, ed il loro rapporto diventa da subito travolgente. Ma col passare del tempo iniziano pian piano ad emergere le differenze tra queste due persone completamente agli antipodi...

RECENSIONE
Bestseller in Svezia, paese d'origine dell'autrice, O me o muuh! è, al di là delle apparenze, un libro tutt'altro che frivolo. Al contrario, pur cercando costantemente di mantenere un'atmosfera leggera e spensierata esso evidenzia quanto sia difficile il rapporto tra persone profondamente diverse. Ma non nel senso di differenza di razza/religione/cultura/classe sociale alla quale ci hanno abituato diversi libri e film molto di moda negli ultimi decenni; la differenza tra Desirée e Benny sta nello stile di vita, così come negli obiettivi che essi si pongono.
Entrambi si amano, come mai hanno amato in vita loro, eppure apparentemente non riescono a far combaciare le loro abitudini, o a sacrificarne almeno parte per riuscire a coronare la loro storia.
Il libro aveva quindi ai miei occhi un potenziale enorme, incrementato dall'ottima idea di alternare il narratore ogni capitolo: se nei dispari è Desirée che ci parla degli avvenimenti, in quelli pari è Benny che ci dà il suo punto di vista. Eppure a malincuore devo dire che O me o muuh! mi ha in parte delusa; non so nemmeno se sia colpa sua, o se sono io che me lo aspettavo un po' diverso, forse più brillante. Fatto sta che, pur riconoscendo che sia un buon romanzo, mi ha lasciata con l'amaro in bocca (non per il finale, non vi sto spoilerando; intendo in genere per tutta quanta la storia).
Può darsi, come ho già detto, che la colpa sia mia, che a volte ho ancora una visione un po' romantica ed infantile, stile Disney, della vita; mi sento perciò di consigliare comunque la lettura di O me o muuh! a chiunque abbia voglia di affrontare un libro simpatico ed originale, ma che allo stesso tempo faccia riflettere.

BW

Nella nostra libreria:
Katarina Mazetti
O me o muuh! (Grabben i graven bredvid)
ed. Salani Editore
234 pag. 
traduzione di Laura Cangemi

 

mercoledì 28 maggio 2014

L'ultimo cavaliere - Stephen King (1982)

"<<Credi in una vita dopo la morte?>>
<<Penso che sia questa.>>"
Roland e Brown

TRAMA
In un futuro imprecisato, il mondo è "andato avanti", sconvolto cioè da una non meglio definita catastrofe e regredito ad un'epoca simile a quella del Far West. Qui è ambientata la storia di Roland di Gilead, abile pistolero ed unico membro rimasto in vita di un antica confraternita, il quale è lanciato all'inseguimento di un misterioso individuo chiamato "l'uomo in nero".
Questo enigmatico figuro pare che sia un potentissimo stregone in grado, tra le altre cose, di resuscitare i morti, ma per Roland è di vitale importanza raggiungerlo in quanto solo lui può condurlo ad un luogo arcano e leggendario noto come Torre Nera.
E così, il pistolero si reca prima in un villaggio dove l'uomo in nero ha soggiornato tempo prima e dove ha lasciato un demone nel tentativo di farlo desistere dall'impresa, poi si mette sulle sue tracce attraverso uno sterminato deserto popolato da mutanti ed altre entità malvage. Qui, in una vecchia stazione di posta abbandonata, incontrerà un ragazzino di nome Jake che deciderà di seguire Roland fin sulle montagne che sorgono al termine di questa landa desolata, in una disperata caccia all'uomo (in nero).

RECENSIONE
Primo capitolo della serie della Torre Nera, L'ultimo cavaliere venne scritto da Stephen King quand'era ancora studente universitario, e si vede. Eccome se si vede.
Se da un lato infatti non posso non esaltarmi davanti ad un'ambientazione meravigliosa, in un perfetto stile spaghetti-western che, per quanto mi riguarda, risulta molto più intrigante di foreste nordiche popolate da elfi, draghi, troll ed altri elementi classici del fantasy, dall'altro devo ammettere che questo primo volume non mi ha affatto entusiasmato, anzi.
La trama appare confusa, disordinata e difficile da seguire, il ritmo troppo lento, e poi il linguaggio usato da King è qualcosa di esageratamente barocco ed ampolloso, tanto da far perdere spesso il filo del discorso. 
Qualche esempio? Ecco qua: "Una delle donne lo seguì con gli occhi strabuzzati ed il soggolo svolazzante". Io sono ignorante, e su questo non c'è dubbio, però mi spiegate che significa? Oppure c'è qualcuno che riesce a farmi capire com'è fatto un "sole filisteo"? E poi sostantivi ed attributi come cengia, natece, fitolacca, bruschino, cachinno... Una sequela di termini ed aggettivi astrusi e desueti che il povero traduttore (al quale va tutta la mia solidarietà) è stato costretto ad utilizzare per rendere come meglio poteva il lessico di un King che, seppur a tratti lascia intravedere lampi del genio narrativo che diverrà, qui appare uno scrittore ancora decisamente acerbo.
Dispiace molto, perchè L'ultimo cavaliere offre diversi spunti interessanti e, complice anche una struttura composta da numerosi flashback, riesce anche a solleticare la curiosità del lettore, peccato però che poi il giovane Stephen tenda a perdersi un po' troppo creando un effetto di piattezza e di monotonia generale che non facilita il compito a chi legge.
Eh va beh, non drammatizziamo, può capitare a tutti qualche piccolo passo falso, specialmente quando si è agli esordi, vedremo in seguito come si svilupperà questa saga. Spero solamente, e passatemi la battuta, che stavolta il buon giorno NON si veda dal mattino.

BF

Nella nostra libreria:
Stephen King
L'ultimo cavaliere (The Gunslinger)
ed. Sperling Paperback
224 pag.
traduzione di Tullio Dobner


 

martedì 27 maggio 2014

Misteri d'Italia - Carlo Lucarelli (2002)

"Questa è la storia più incredibile che abbiate mai sentito raccontare."
Carlo Lucarelli

RECENSIONE
Se in Mistero in blu Lucarelli ci aveva parlato di casi di cronaca nera famosi al pubblico ma che comunque riguardavano persone "comuni", in Misteri d'Italia rispolvera invece casi clamorosi perchè avevano coinvolto personaggi famosi, scomodi perchè appartenenti ad ambienti "delicati", oppure perchè, per un motivo o per l'altro, avevano coinvolto numerose persone, anche innocenti.
Ma andiamo con ordine: se adesso vi elenco i capitoli che compongono questo saggio del giornalista e scrittore emiliano, magari quelli di voi che hanno qualche ruga in più sul volto ricorderanno immediatamente almeno la maggior parte di questi episodi di cronaca, se non tutti.
Essi sono:
- Michele Sindona
- Graziella Campagna
- La strage di Gioia Tauro
- Mauro De Mauro
- Enrico Mattei
- Roberto Calvi
- Antonio Ammaturo
- Antonino Gioè
- Sergio Castellari
- La banda della Uno Bianca
Sia che facciate parte di coloro che questi casi li hanno seguiti sui giornali sia che invece di essi abbiate solo sentito parlare (o nemmeno quello) troverete probabilmente molto interessante il contenuto di questo libro, scritto come sempre con il caratteristico stile di Lucarelli.
In ogni caso, trovo che valga la pena leggerlo anche solo in considerazione del fatto che si tratta di vicende che hanno segnato la storia del nostro paese. Verrebbe quasi da pensare che si tratti solo di un romanzo giallo, con tanti, troppi protagonisti; va purtroppo però ricordato che il sangue che scorre lungo le pagine di Misteri d'Italia è stato davvero versato nel corso di tre decenni di storia italiana.

BW

Nella nostra libreria:
Carlo Lucarelli
Misteri d'Italia. I casi di Blu Notte
ed. Einaudi Stile Libero
262 pag.

 

lunedì 26 maggio 2014

Il sole bacia i belli - Charles Bukowski (2012)

"Per l'intervistatore, Charles Bukowski è come lo yeti per l'esploratore himalayano. È difficile trovarlo e quando lo si trova la vita diventa estremamente pericolosa."
Arnold Kaye sul "Literary Times", marzo 1963

RECENSIONE
Il 9 marzo 1994 moriva a San Pedro, stroncato da una leucemia fulminante, Henry Charles Bukowski.
Nel ventennale della morte, la Feltrinelli pubblica questo assortimento di interviste, articoli, chiacchierate più o meno informali e tanto altro che, per gli amanti del vecchio Hank, costituisce un regalo graditissimo.
Eh già, perchè tra le oltre trecento pagine di Il sole bacia i belli abbiamo la possibilità di ammirare un Bukowski veramente a tutto tondo, attraverso le numerosissime interviste che rilasciò ai più disparati (e disperati) giornali e riviste underground americane, a partire dal primissimo colloquio con un giornalista di un foglio letterario di Chicago nel 1963, fino all'ultima intervista rilasciata pochi mesi prima di morire.
Nel mezzo, un riassunto di trent'anni di storia americana visti attraverso gli occhi di colui che, forse più di tutti, ha contribuito a rivitalizzare il mondo della letteratura, divenendo uno dei più grandi personaggi di culto della poesia e della narrativa del XX secolo. 
Ed allora ecco Buk che discorre e dice la sua (come sempre senza peli sulla lingua) nell'ordine su: la Baia dei Porci, l'assassinio di John Fitzgerald Kennedy, i movimenti per i diritti civili, le Black Panthers, la guerra del Vietnam, il movimento hippy, l'assassinio di Martin Luther King, l'era psichedelica, la rivoluzione sessuale, le femministe, San Francisco, Los Angeles, New York, il punk, la cultura gay, Ronald Reagan, l'AIDS, gli yuppies, i computer, Twin Peaks, la moda del sushi e tanto altro ancora. Il tutto analizzato e spesso osservato con un disincanto, un realismo e una genuinità davvero senza pari. E, ovviamente, con il suo eccezionale, maleducato, perverso senso dell'umorismo davanti al quale si fa una fatica del diavolo a trattenersi dallo scoppiare a ridere sguaiatamente.
E poi si riflette, più di una volta si arriva a pensare, forse un po' banalmente, a quanto fosse "avanti" quest'uomo, ma si rischierebbe quasi di esagerare, di farne un monumento eccessivo, cosa che sicuramente lui detesterebbe.
Ed allora diremo solamente che Charles Bukowski, nato ad Andernach, Germania, il 16 agosto 1920, era probabilmente solo une persona che aveva una grande capacità: quella di riuscire a capire benissimo gli esseri umani e saperli valutare (che non significa giudicare!) nel brevissimo tempo di un botta e risposta e, ispirato da tutto ciò, era in grado di trasporre su carta le proprie esperienze, facendolo maledettamente bene.
E se a qualcuno sembra poco, non so proprio che farci.

P.S. Naturalmente va da sè che, se siete fan dello zio Buk, dovete assolutamente procurarvi questa gemma.

BF

Nella nostra libreria:
Charles Bukowski
Il sole bacia i belli. Interviste, incontri, insulti (Sunlight Here I Am. Interviews & Encounters 1963-1993)
ed. Feltrinelli
327 pag.
a cura di David Stephen Calonne
traduzione di Simona Viciani



domenica 25 maggio 2014

Vodka, ci sei? Sono io, Chelsea - Chelsea Handler (2008)

"<<Tu dovresti scrivere favole. [...] Non ho idea del perché tu scriva storie vere quando hai ovviamente un'immaginazione che potrebbe competere con quella di J. K. Rowling.>>
<<Preferisco pensare di essere brava a cavarmi d'impiccio.>>
<<No, Chelsea, bravo a cavarsi d'impiccio è chi riesce a pensare a qualcosa in fretta quando ne ha bisogno. Le tue bugie invece non sono mai necessarie e, sopratutto, sono grottesche.>>
Sarah e Chelsea

TRAMA
Definire "bizzarra" la vita di Chelsea Handler (nota comica e conduttrice televisiva americana) è quantomeno un eufemismo: è incapace di trattenersi dall'inventare balle colossali (non necessariamente allo scopo di togliersi da qualche impiccio),  ha l'assoluta necessità di bere come minimo una vodka al giorno, forse causa (o effetto?) della totale mancanza di inibizioni per quanto riguarda il suo corpo, e come se tutto ciò non bastasse ha una cerchia tra famigliari e parenti a dir poco folle.
Vodka, ci sei? Sono io, Chelsea è, se non una vera e propria autobiografia, un insieme di dodici, divertenti folli aneddoti che spaziano dai suoi nove anni al 2008, anno di pubblicazione del libro.

RECENSIONE
A volte l'occasione, se non fa l'uomo ladro, gli permette di scoprire comunque piccoli tesori: spulciando tra una lista di libri superscontati mi sono imbattuta nell'originale titolo di oggi, e pur non conoscendo Chelsea Handler sono andata subito a vedere di cosa parlava. Bisogna proprio fare un plauso a chi, della Mondadori, ha scritto il risvolto, che è anche la descrizione che viene riportata nel sito di e-commerce che stavo consultando: è stato proprio quello a convincermi che Vodka, ci sei? Sono io, Chelsea aveva tutta l'aria di un'occasione da non lasciarsi sfuggire.
Non solo: tra tutti i libri dell'ordine che io e BarFly abbiamo fatto (150 € tutti in un colpo, alé!) ho voluto cominciare proprio con quest'opera che prometteva davvero bene. E devo dire che non ho fatto nessun errore di valutazione: in appena un paio d'ore mi sono divorata tutte le sue 255 pagine, interrompendomi solo di quando in quando per scoppiare a ridere, rendermi conto che sembravo matta e spiegare a BF perché ridevo.
I casi sono due: o Chelsea Handler è davvero una bravissima scrittrice ed è riuscita ad inventarsi tutte queste storie strampalate di sana pianta, oppure lei e la sua famiglia ebreo-mormona sono DAVVERO così fuori di testa come sembrano, e questi aneddoti sono veri. In realtà c'è una terza opzione, che unisce i primi due: Chelsea Handler non è una bravissima scrittrice ma è davvero una contapalle compulsiva, e per tirarsi fuori da qualche pasticcio (magari dover consegnare in tempo un manoscritto) ha inventato la sua "visita" in un carcere femminile, oppure il suo cespuglioso "amichetto" pel di carota, così come la disastrosa vacanza in Costa Rica con il padre Melvin.
Qualunque sia la verità che sta dietro alle vicende di Chelsea, Vodka, ci sei? Sono io, Chelsea è un libro davvero spassoso ed irriverente, ma che riesce paradossalmente allo stesso tempo a sembrare genuino, che vi strapperà sicuramente più di una risata. Un ottimo esempio di scrittura al femminile leggera e divertente pur senza mai diventare sciocca (vi verranno in mente altri aggettivi simili, come "demente", ma sempre nell'accezione positiva dei termini).

BW

Nella nostra libreria:
Chelsea Handler
Vodka, ci sei? Sono io, Chelsea (Are you there, Vodka? It's me, Chelsea)
ed. Mondadori Strade Blu
255 pag.
traduzione di Giuseppe Manuel Brescia

 

sabato 24 maggio 2014

Checkpoint - Nicholson Baker (2004)

"Se ciò che faccio provoca una rivoluzione, tanto meglio. Prima arriva la punizione che ci meritiamo, prima la smettiamo di fare i bulli col resto del mondo, e prima cessano le uccisioni."
Jay


TRAMA
Siamo a Washington, nel maggio del 2004, in piena campagna elettorale e Jay, intellettuale di mezza età che sta vivendo un periodo difficile a livello personale, chiama l'amico Ben, insegnante nonchè marito e padre felice, dicendogli che deve parlargli al più presto.
Così Ben, essendo al corrente dei problemi di Jay, raggiunge un po' allarmato il luogo dell'appuntamento, una stanza d'hotel nelle vicinanze del Campidoglio. 
I due iniziano a chiacchierare amabilmente del più e del meno godendosi un buon pranzo innaffiato da un Chianti di dubbia provenienza (l'etichetta "Bella Firenze" non fa ben sperare...) quando, tra una bistecca al pepe ed una Caesar salad, Jay svela all'amico il perchè lo ha convocato con tanta urgenza: vuole infatti uccidere il presidente George W. Bush. 
Ben, dapprima incredulo, cerca poi di dissuaderlo dal compiere quella che reputa una follia insensata ed inutile, tanto più che Jay non appare propriamente in sè (intende usare armi come proiettili telecomandati e macigni all'uranio impoverito), ma più il tempo passa, più Jay appare sempre più deciso ad eliminare "il peggiore di tutti", anche a costo della propria vita.

RECENSIONE
Non deve aver avuto vita facile negli USA un testo come questo. Checkpoint infatti è un libro che, usando la forma del dialogo tra due amici, pone interrogativi e solleva questioni delicatissime. Sfruttando l'arma della provocazione e del paradosso Nicholson Baker si rivolge indirettamente al popolo americano dicendo: "Bush in questi quattro anni non ha fatto altro che alimentare odio, quindi perchè stupirsi se un pazzo dovesse compiere un gesto estremo?". Naturalmente col senno di poi e sapendo come sono andate le presidenziali del 2004 e del 2008 possiamo permetterci di osservare gli eventi in modo distaccato, ma otto anni fa molto probabilmente in America non erano in pochi a pensarla come Baker. 
Premesso che non sono nè un esperto, nè un amante della politica, qualche idea in merito tuttavia me la sono fatta anch'io. Non essendo nemmeno un cittadino americano, mi guardo bene dal dare un giudizio lapidario in un senso o nell'altro sull'amministrazione Bush, per farlo credo che dovrei quantomeno vivere per un certo periodo di tempo negli Stati Uniti, cosa che non ho mai fatto. So però quello che ho letto, visto ed ascoltato, e sono abbastanza convinto che Bush (soprattutto nel secondo mandato) abbia rappresentato una delle parentesi più negative nella storia dell'America. 
In questo volumetto (poco più di un centinaio di pagine)  Baker, per mezzo dell'esaurito sociopatico Jay, passa in rassegna tutte le nefandezze compiute da Bush junior e devo dire che di molte di esse non ero neppure al corrente, ma non si limita a questo. Egli infatti, armato di una coerenza e di un coraggio che, pur non condividendo molte sue idee, gli riconosco, arriva a chiamare il presidente "quel verme, quel deficiente texano del cazzo, che non sa neanche parlare, con quegli occhietti da cura di psicofarmaci". Capite da voi perchè credo che lo scrittore di Rochester qualche problemino in seguito alla pubblicazione di questo libro l'abbia avuto...
E non è finita: Jay a un certo punto si lancia in una lunga dissertazione nella quale demolisce, uno dopo l'altro, tutti i presidenti  dal dopoguerra in poi, comprese alcune icone come JFK. 
Testo molto particolare, e per molti aspetti  interessante, trovo che Checkpoint meriti di essere letto, indipendentemente da come uno la pensi su questioni come la guerra in Iraq o l'11 settembre. Penso che Baker abbia le idee ben chiare e sia pronto a tutto pur di difenderle ed io, che ripeto di non essere affatto d'accordo su tutto ciò che scrive, non posso che ammirare il suo coraggio e la sua integrità. Tutto il contrario invece di personaggi come Michael Moore che, secondo il mio personalissimo punto di vista, non è nient'altro che un opportunista che fa finta di graffiare, ben conscio del fatto di aver le spalle ben coperte da quello stesso sistema che tanto critica. Ma questa è un'altra storia...

BF


Nella nostra libreria:
Nicholson Baker
Checkpoint (Checkpoint)
ed. Mondadori Strade Blu
112 pag. 
traduzione di Edoardo Brugnatelli e Luca Fusari






venerdì 23 maggio 2014

Mr Gwyn - Alessandro Baricco (2012)

"Alle otto si alzò, si rivestì, e tornò a casa. Pensò che mancava una decina di giorni, forse qualcuno di più. Non le riusciva di capire se era poco o tanto. Era un'eternità minuscola."
Alessandro Baricco

TRAMA
Jasper Gwyn è uno scrittore di successo, con diversi romanzi alle spalle ed una carriera più che decennale. Quando pubblica sul Guardian una lista di cinquantadue cose che non vuole mai più fare in vita sua, l'ultima della quali è "scrivere libri", tutti, a partire dal suo agente ed amico Tom, pensano che si tratti della classica "crisi dello scrittore" che ben presto, in realtà, verrà superata.
Ma Jasper Gwyn non vuole davvero più fare il romanziere, perchè ha deciso di fare altro: vuole "scrivere ritratti". Ancora non sa nemmeno lui come fare; ma, aiutato da Rebecca, la grassa stagista di Tom, riuscirà ad inventare il lavoro che desiderava.

RECENSIONE
Nella prefazione dell'ultimo libro di Baricco che ho recensito, Tre volte all'alba, si faceva notare che esso era un libro citato nel precedente Mr Gwyn; incuriosita, ho voluto approfondire la questione e leggere il romanzo da cui era stato concepito.
E pur non avendo rispettato l'ordine in cui le due opere sono state ideate, sono contenta di aver letto prima il secondo, poi il primo. Quando infatti, alla fine di Mr Gwyn, si cita Tre volte all'alba, il sapere di cosa parla aiuta moltissimo il lettore a comprendere meglio Jasper Gwyn.
Non è però fondamentale, in fondo sarebbe più logico seguire l'ordine contrario. E se anche si affrontasse Mr Gwyn senza mai aver letto nient'altro di Baricco si riuscirebbe comunque ad apprezzarne lo stile, lo spessore e anche la stravagante trama.
Probabilmente mi sbaglio, ma il modo in cui l'autore parla del suo protagonista mi ha fatto pensare a più riprese che Mr Gwyn altri non sia che Mr Baricco; a riprova di ciò, lo scrittore torinese è riuscito a scrivere un ritratto, proprio come il suo omologo londinese.
Come spesso mi succede con i romanzi di Baricco, Mr Gwyn mi ha lasciato una lieve sensazione di amarezza ed il forte dubbio di non essere riuscita ad apprendere appieno il suo vero significato; ciononostante mi ha sicuramente incoraggiata ad inseguire i miei sogni, a cercare di realizzarli, perchè non importa quanto possano sembrare folli: che si tratti di "scrivere ritratti" o di "cantare tanghi", bisogna comunque almeno tentare di riuscirvi.

BW

Nella nostra libreria:
Alessandro Baricco
Mr Gwyn
ed. Universale Economica Feltrinelli
158 pag. 


giovedì 22 maggio 2014

Le avventure di Huckleberry Finn - Mark Twain (1884)

"In nessun luogo si sta liberi e comodi come sopra una zattera."
Huckleberry Finn

TRAMA
La storia inizia nel medesimo punto in cui era terminato Le avventure di Tom Sawyer. Il piccolo vagabondo Huckleberry Finn, dopo aver trovato il tesoro insieme all'amico Tom Sawyer, viene affidato alla tutela della buona e caritatevole vedova Douglas, la quale si preoccupa anche di depositare in banca la parte del "bottino" del ragazzo (circa seimila dollari), in modo che egli possa usufruirne in futuro.
Ma Huck non è felice a casa della vedova, si sente come prigioniero. Infatti, pur essendo animata dalle migliori intenzioni, la vedova Douglas non si rende conto che una vita fatta di studio, preghiere, rispetto delle regole e delle buone maniere  non fanno proprio per lui, il quale invece rimpiange i bei tempi in cui dormiva in una botte e si vestiva di stracci, ma almeno era libero.
Accade poi che, attirato dalla cospicua somma in suo possesso, si rifaccia anche vivo in paese il padre di Huck, un ubriacone rozzo e violento che, grazie alle mancanze di un giudice inesperto, riesce addirittura a riottenere la custodia del figlio. Ma all'uomo non interessa nulla del ragazzo, tanto più che arriva persino al punto di tenerlo imprigionato in una baracca sul fiume Mississippi, e picchiandolo spesso molto ferocemente durante le sue frequenti sbronze.
Così un giorno Huck, approffittando dell'ennesima sbornia del padre, riesce a fuggire a bordo di una canoa e a rifugiarsi sull'isola Jackson. Qui incontra Jim, uno schiavo di colore di proprietà della sorella della vedova Douglas, fuggito anch'egli per il timore che la sua padrona voglia venderlo ad un altro proprietario il quale, con ogni probabilità, lo tratterebbe in maniera molto meno umana di quanto non faccia miss Watson.
Lo strano duo a questo punto decide di risalire il corso del fiume fino all'Ohio, stato nel quale lo schiavismo è in procinto di essere abolito e dove entrambi potranno avere la possibilità di vivere da uomini liberi.
Ma nel lungo tragitto gliene capiteranno veramente di tutti i colori.

RECENSIONE
Ambientato negli anni Quaranta del XIX secolo, ovverosia poco prima della Guerra di Seccessione, Le avventure di Huckleberry Finn, oltre ad essere uno di quei classici senza tempo, riesce anche a raccontare uno spaccato di storia americana autentica come pochi altri sanno fare. Merito indubbiamente di colui che seppe tracciare la strada per moltissimi altri grandi scrittori che verranno (Hemingway su tutti, ma anche Steinbeck, Borges e Lansdale, ma sono solo i primi che mi vengono in mente), e cioè Samuel Longhorne Clemens, in arte Mark Twain, pseudonimo che deriva dal gergo della marineria fluviale, ambiente che l'autore del Missouri conosceva molto bene, avendo fatto per anni il pilota sui battelli a vapore che solcavano il Mississippi. Ed è proprio il grande fiume la colonna portante di questo romanzo, il palcoscenico naturale sul quale si svolgono le vicende di Huck Finn e dei suoi amici.
Ragazzino sostanzialmente privo di educazione, cresciuto per strada, è per me il personaggio più riuscito e meravigliosamente vitale creato da Twain. Più di Tom Sawyer, che è discolo sì, ma che è molto più addomesticabile e meno pratico. Huck invece è selvatico, anche se di buon cuore, terribilmente realista ed è in grado di raccontare fior di balle senza battere ciglio, soprattutto se si tratta di doversi tirare fuori dai pasticci. Insomma, la buona, vecchia arte di arrangiarsi.
"Ho bell'e capito che sono un branco di idioti, perchè non si tengono il palazzo per loro invece di darlo agli altri?" esclama Huck quando Tom Sawyer cerca di spiegargli che i geni delle lampade magiche fanno tutto ciò che desidera colui che le strofina, anche costruire palazzi. In questo impareggiabile dialogo c'è la quintessenza del personaggio di Huck Finn, e si può notare benissimo come siano diversi i due ragazzi, nonostante essi siano amici per la pelle.
Huckleberry nello slang degli stati del Sud degli USA indica una bacca commestibile che cresce spontanea tra i rovi e gli arbusti. Beh, penso che un nome più azzeccato Twain non potesse davvero trovarlo per un personaggio che sa farsi amare e sa far sorridere, commuovere e divertire. Tutto quanto allo stesso tempo.

BF


Nella nostra libreria:
Mark Twain
Le avventure di Huckleberry Finn (The Adventures of Huckleberry Finn)
ed. BUR Rizzoli
190 pag.
traduzione di Emily Cook


 






mercoledì 21 maggio 2014

Un delitto avrà luogo - Agatha Christie (1950)

"Un delitto avrà luogo venerdì 29 ottobre alle 18,30 a Little Paddocks. Si pregano gli amici di voler prendere nota di questo avvertimento che non sarà più ripetuto."
Dalla "North Benham News and Chipping Cleghorn Gazette"


TRAMA
Un tranquillo venerdì di ottobre il piccolo e tranquillo villaggio inglese di Chipping Cleghorn viene scosso da uno stranissimo annuncio pubblicato sulla Gazette, il settimanale locale che in paese tutti leggono. In esso viene annunciato nientepopodimeno che un delitto a Little Paddocks, con la stessa tranquillità e naturalezza con cui si annuncerebbe un matrimonio, oppure una fiera.
Ovviamente tutti pensano che la padrona di casa, Miss Blacklock, o più probabilmente uno dei suoi giovani ospiti abbia organizzato un "gioco del delitto", ovvero un semplice gioco di ruolo, ed incuriositi rispondono all'annuncio recandosi a Little Paddocks.
Gli stessi abitanti della casa però sembrano essere all'oscuro di tutto; nondimeno, di certo non possono per questo evitare di accogliere gli ospiti che sicuramente verranno, e così Miss Blacklock ed i suoi ospiti preparano tutto il necessario per affrontare ciò che accadrà, qualunque cosa sia.
Ma, esattamente come diceva l'annuncio, ciò che avviene a Little Paddocks è un delitto! Arriva infatti un perfetto sconosciuto che minaccia tutti, spara dei colpi e poi, inspiegabilmente, muore.
La polizia, naturalmente, interviene subito: ma quando si ha a che fare con un delitto così bizzarro, soprattutto nella campagna inglese, state sicuri che non tarderà ad arrivare una certa vecchietta chiamata Miss Marple.

RECENSIONE
É stato lui. No, anzi, è stata lei. Sì, però secondo me loro non sono chi dicono di essere. Anzi sì.
Sono ormai giunta alla conclusione che solamente ipotizzando che tutti i personaggi, a turno, siano colpevoli sia possibile in qualche modo indovinare il vero assassino dei gialli di Agatha Christie. Ed è proprio, almeno per me, questa continua sfida con sè stessi nel mettere alla prova le proprie abilità investigative a rendere particolarmente intriganti i romanzi della grandissima scrittrice inglese.
É inutile che vi faccia perder tempo elencandovi per l'ennesima volta tutti i motivi per cui vale sempre la pena leggere i suoi racconti: già in numerosi post vi ho parlato del suo stile inconfondibile che l'ha fatta diventare "la regina del giallo".
Non mi resta dunque che augurarvi buona lettura; ma mi raccomando, chiudete prima la porta a chiave, non si sa mai!


BW

Nella nostra libreria:
Agatha Christie
Dalla raccolta "I grandi casi di Miss Marple"
Un delitto avrà luogo (A Murder Is Announced)
ed. Oscar Mondadori
260 di 634 pag.
traduzione di Grazia Maria Griffini
 
 

martedì 20 maggio 2014

Sei problemi per don Isidro Parodi - Jorge Luis Borges & Adolfo Bioy Casares (1942)

"Non c'è niente di meglio di questo serraglio per sapere cosa succede nella Repubblica; dalle furfanterie del grande generale di divisione all'opera culturale realizzata dall'ultimo cretino della radio."
Don Isidro Parodi (da 'Le notti di Goliadkin')


RECENSIONE
All'interno del Penitenziario Nazionale di Buenos Aires c'è una cella molto particolare. Si tratta della 273 ed ospita un signore grasso, calvo e dagli occhi saggi. Si chiama Isidro Parodi ed è un ex barbiere condannato (ingiustamente) a ventuno anni di reclusione per la presunta uccisione di un macellaio. 
La cella di don Isidro è continuamente meta di veri e propri pellegrinaggi perchè egli è un abilissimo detective. Ma com'è possibile fare il detective essendo rinchiuso tra quattro mura? Qui sta il talento dell'ex barbiere; infatti egli, ascoltando semplicemente i racconti dei propri "clienti" riesce sempre, grazie ad una capacità deduttiva incredibile e ad una mente brillantissima, a districare intricate matasse e a risolvere gli enigmi più complicati. 
Creato dalla incontenibile fantasia di due grandissimi autori-amici, vale a dire Adolfo Bioy Casares e "Il Maestro" Jorge Luis Borges, don Isidro incarna una figura di investigatore decisamente anticonvenzionale ed anche piuttosto coraggiosa. Trattandosi di fatto di una persona che, non potendo muoversi, si vede impossibilitato ad utilizzare tutti quei procedimenti che caratterizzano le varie fasi di un'indagine (sopralluoghi, interrogatori, ecc...), e che si affida pertanto esclusivamente al proprio intuito ed ad una capacità di comprensione fuori dalla norma. È decisamente un antieroe don Isidro, in netto contrasto con i detective tutta azione dei noir americani o quelli che viaggiano da un capo all'altro dell'Europa come Poirot, dei quali forse il signor Parodi rappresenta una sorta di bonaria "presa in giro". Questa raccolta si distingue per il ritmo languido, ma non lento, come se fosse uno struggente tango. I dialoghi prendono così il posto dell'azione, che viene sempre e solo raccontata e la fusione dei due stili dei rispettivi autori dà vita ad un modo di illustrare le vicende del tutto nuovo e particolare. Credo che sia Borges sia Bioy Casares si siano divertiti un mondo nel dare vita a questi sei racconti, tanto che in più di una circostanza, si riesce a cogliere nelle parole del protagonista un certo piacere nel farsi beffe di alcuni personaggi un po' troppo tronfi e pieni di superbia che si presentano presso la cella numero 273. 
Don Isidro ascolta tutti i casi che gli vengono illustrati mentre nel frattempo prepara, lento e meticoloso, l'adorato mate, dopodichè informa i suoi interlocutori (perlopiù gente altolocata che non ha molta fiducia in un galeotto, per di più di estrazione popolare) di tornare a trovarlo dopo un certo lasso di tempo, periodo che don Isidro sfrutta per analizzare il caso e per, immancabilmente, risolverlo.
Un libro che, seppur non di semplice lettura, ha saputo davvero deliziarmi per mezzo di sei enigmi, Le notti di Goliadkin e Il dio dei tori i migliori del mazzo secondo me, che costituiscono un'opera degna di grande considerazione.
Curiosità finale: come spesso è nello stile di Borges, il volume uscì inizialmente a firma di tal Honorio Bustos Domecq, autore fittizio inventato dalla fervidissima mente dei due fuoriclasse argentini, i quali si presero la briga di scrivere anche una biografia completa di relative opere del fantomatico scrittore. 
Genialata nella genialata, se si pensa che il nome (Honorio) era quello di un vecchio sindaco di Buenos Aires, mentre Bustos era il cognome del nonno di Borges e Domecq di quello di Bioy Casares. Per la serie: "Quando la parodia diventa una forma d'arte".

BF


Nella nostra libreria:
Jorge Luis Borges & Adolfo Bioy Casares
Sei problemi per don Isidro Parodi (Seis problemas para don Isidro Parodi)
ed. Adelphi
191 pag. 
traduzione di Lucia Lorenzini







lunedì 19 maggio 2014

Flatlandia - Edwin A. Abbott (1884)

"Voi, che avete la fortuna di avere tanto l'ombra che la luce, voi che avete due occhi dotati della conoscenza prospettica e allietati dal godimento dei vari colori, voi che potete vederlo per davvero, un angolo, e contemplare l'intiera circonferenza di un Circolo nella beata regione delle Tre Dimensioni... come potrò mai render chiara a voi l'estrema difficoltà che incontriamo noi, in Flatlandia, per riconoscere le nostre rispettive configurazioni?"
Il Quadrato

TRAMA
Flatlandia è il mondo a Due Dimensioni, dove solamente altezza e larghezza esistono, ma non la profondità. In questo mondo vivono varie figure (rigorosamente regolari!), dai proletari e loschi Triangoli Isosceli ai sommi Circoli, oltre naturalmente alle Linee Rette, ovvero le Donne. Il numero di angoli di ogni figura determina il suo status sociale: se i Triangoli Equilateri sono la Borghesia, i Quadrati ed i Pentagoni sono i Gentiluomini; con gli Esagoni comincia l'aristocrazia, e via via fino ad arrivare ai Cerchi, ovvero la Classe Sacerdotale.
Protagonista di questa storia è un semplice (ma molto intelligente e portato per la geometria) Quadrato, che un giorno scopre che oltre al suo esistono anche altri mondi: dapprima fa visita a Linelandia, un universo monodimensionale in cui tutti gli esseri sono Linee (gli Uomini) o Punti (le Donne). Dopo aver parlato con il Re di Linelandia si rende conto, dall'alto della sua bidimensionalità, di essere in grado di vedere in questo strano mondo ciò che lo stesso Monarca non è in grado di percepire: essendo lo stesso Re una Linea (seppur la più lunga di tutte), egli non può che vedere le estremità delle due Linee a lui adiacenti, ovvero dei semplici Punti.
Tornato a Flatlandia, il Quadrato non può fare a meno di domandarsi se esistano anche dei mondi con altre dimensioni; la risposta a questo suo quesito arriva quando una Sfera, che lui percepisce inizialmente come un semplice Punto che si allarga sino a diventare un Cerchio, gli fa visita e lo porta con sè nel suo universo tridimensionale, chiamato Spacelandia. Subito la sua mente fatica a concepire ed accettare l'esistenza di questo luogo, ma quando da lì riesce a vedere, per la prima volta in vita sua, la sua casa, con all'interno i quattro figli, la moglie, i due nipotini e la servitù, vive come una rinascita intellettuale, quasi come se avesse avuto un'esperienza mistica.
Ma una volta tornato a Flatlandia sarà in grado di tornare alla sua piatta vita di sempre?

RECENSIONE
Riconosco di essere venuta a conoscenza di Flatlandia in circostanze piuttosto bizzarre e molto nerd: dovete infatti sapere che sono un'appassionata della serie TV The Big Bang Theory; non so se anche voi lo guardiate (in ogni caso ve lo consiglio perchè veramente divertente), comunque nell'episodio 12 della terza stagione, intitolato Il vortice psichico, Sheldon afferma di essersi spesso divertito a visitare "il mondo bidimensionale descritto nel racconto a metà tra fantasy e matematica di Edwin Abbott: Flatlandia".
Incuriosita, durante una delle mie frequenti spedizioni di "caccia letteraria" ho cercato con successo una copia di questo insolito "racconto fantastico a più dimensioni".
Flatlandia si è rivelato un libro davvero bizzarro ed originale, nel senso positivo del termine, che non si limita ad una mera storia sulla matematica e la geometria: esso ha infatti diverse chiavi di lettura, tra cui una critica alla gerarchica società vittoriana ed alle sue caste, ma anche alla condizione femminile dell'epoca.
Flatlandia può inoltre, almeno a mio modesto parere, essere visto come un'allegoria di quanto accadde ai tempi di Giordano Bruno e Galileo Galilei, quando la gente era costretta a credere solamente a ciò che vedeva e, soprattutto, a ciò che le veniva imposto di vedere e di credere; se Galileo pronunciò la celeberrima frase "Eppur si muove!", il Quadrato continua a ripetere "Verso l'Alto, non verso il Nord".
Non voglio dilungarmi oltre nel parlare di questo romanzo: esso è talmente particolare che occorerebbe disquisirne per ore ed ore, praticamente analizzandone ogni singolo paragrafo, ed anche così si tralascerebbe sicuramente qualcosa; preferisco perciò limitarmi a consigliarne vivamente la lettura, ricordando infine che Abbott riuscì ad intuire l'esistenza della Quarta Dimensione più di vent'anni prima della teoria della relatività einsteiniana.

BW

Nella nostra libreria:
Edwin A. Abbott
Flatlandia. Racconto fantastico a più dimensioni (Flatland. A Romance of Many Dimensions)
ed. Adelphi
166 pag.
traduzione di Masolino d'Amico

     

domenica 18 maggio 2014

Frankenstein - Mary Shelley (1818)

"Lo avevo desiderato con un ardore di gran lunga superiore al normale; ma ora che avevo finito, la bellezza del sogno era svanita, e un orrore e un disgusto soffocanti mi opprimevano il cuore."
Victor Frankenstein

TRAMA
In una serie di lettere scritte alla sorella Margareth, l'esploratore Robert Walton narra i progressi della propria spedizione, che dovrà condurlo al Polo Nord, per poi circumnavigare il globo. 
Una volta giunta nel Circolo Polare Artico però, la nave si incaglia in mezzo ai ghiacci. Durante la sosta forzata i membri dell'equipaggio avvistano una creatura dalle fattezze mostruose aggirarsi sulla banchisa, per poi scomparire in lontananza.
Qualche giorno dopo un uomo su di una slitta si avvicina all'imbarcazione in stato di evidente shock. Costui, che si presenta come il dottor Victor Frankenstein di Ginevra, viene fatto salire a bordo ed inizia a raccontare la sua storia.
Una storia a dir poco pazzesca.

RECENSIONE
Credo che l'episodio che sta alla base della genesi di Frankenstein sia ormai famosissimo, ma in ogni caso, per chi non ne fosse al corrente faccio un breve riassunto.
Giugno 1816, Lord Byron invita l'amico medico John William Polidori, i futuri coniugi Percy e Mary Shelley e la sorellastra di quest'ultima Claire, all'epoca amante di Byron, a trascorrere una vacanza nella sua villa sul lago di Ginevra. Ma il tempo è inclemente in quello che verrà poi ricordato come L'anno senza estate e così, costretto a rimanere in casa, per sfuggire alla noia il gruppetto si diletta nella lettura di racconti di fantasmi, finchè una sera Lord Byron non propone agli amici di provare a comporre, ognuno di essi, una storia del brivido. Alla fine vennero scritti brevi racconti che rimasero nulla più di un passatempo, tranne in due casi: John William Polidori infatti, con il racconto Il vampiro, creò di fatto la figura "classica" di questo mostro facendone un nobile dalla personalità magnetica ed attratto dal sangue delle fanciulle, mentre la giovane Mary ideò una storia che poi, adeguatamente sviluppata, divenne nota come Frankenstein.
Pubblicato inizialmente in forma anonima, venne subito stroncato dalla critica che però, in seguito ad una positiva recensione di sir Walter Scott, aggiustò la mira. Successivamente poi, quando si scoprì che l'autore era una donna (per giunta di soli ventuno anni), gli stessi critici si lasciarono andare a pareri entusiastici, con perle del tipo: "Per un uomo era eccellente ma per una donna è straordinario!". E con questo stendiamo un velo pietoso sui critici di ogni genere ed epoca.
Frankenstein nel titolo originale viene definito un moderno Prometeo, cioè colui che venne condannato dagli Dei per aver donato il fuoco agli uomini. L'accostamento consiste nel fatto che il dottor Frankenstein, con i suoi esperimenti, cerca di sconfiggere la morte ricreando il fuoco vitale nelle salme che trafuga nei cimiteri.
Il racconto, a mio modesto parere, non è un capolavoro essendo eccessivamente lento e dispersivo, tuttavia è innegabile che rappresenti un classico imprescindibile per chiunque sia appassionato di letteratura fantastica o dell'orrore. Tantissime sono le tematiche affrontate in questo romanzo, alcune delle quali, sono ancora oggi attualissime e supersfruttate. Basti citare il concetto che costituisce forse il nocciolo del racconto ovvero la paura del "diverso", il pensiero cioè che porta a diffidare di chiunque non sia uguale a noi, in particolar modo nell'aspetto; ma anche l'idea (davvero rivoluzionaria per quei tempi) che "mostro" non significhi necessariamente "cattivo" e che anche una creatura veramente spaventosa come quella realizzata dal dottor Frankenstein possa in realtà provare e manifestare sentimenti, anche nobili.
Al giorno d'oggi tutte queste cose possono suonare forse banali, ma l'autrice britannica fu una delle prime in assoluto a porsi quelle domande, e probabilmente la prima a scrivere una delle più potenti e conosciute allegorie su questo tema.
Ripeto in conclusione: pur non avendomi entusiasmato, sono comunque felice di aver letto Frankenstein in quanto mi sento finalmente di aver colmato una grossa lacuna che chiunque si ritenga amante dell'horror non può assolutamente permettersi di avere. 

BF

Nella nostra libreria:
Mary Shelley
Frankenstein (Frankenstein, or The Modern Prometheus)
ed. Oscar Mondadori
272 pag.
traduzione di Simona Fefè