BW&BF

venerdì 28 febbraio 2014

Dal libro al film: La fabbrica di cioccolato - Roald Dahl (1964)

ATTENZIONE!!! Questo post contiene spoiler sul libro La fabbrica di cioccolato e sui film tratti da esso. Se non avete letto il libro e/o visto i film, vi sconsigliamo di proseguire con la lettura del post.

 
 "Pensa un po', Charlie, non sarebbe una gran bella cosa aprire una confezione di cioccolato e scoprirci dentro uno scintillante Biglietto d'oro?"
Nonno Joe

IL LIBRO
La fabbrica di cioccolato è un romanzo per ragazzi scritto nel 1964 dall'inglese Roald Dahl. È la storia di Charlie Bucket, un ragazzino molto povero che vive insieme alla mamma, al papà ed ai quattro nonni. Vista la situazione di indigenza, al bambino sono negati molti piccoli lussi che si concedono normalmente i suoi coetanei, ma Charlie è un bimbo buono e molto intelligente, e non fa pesare assolutamente il suo disagio ai genitori, che pure soffrono per il dispiacere di non potergli regalare qualcosa, o anche solo garantirgli un'alimentazione sufficiente.
Nonostante non si lamenti, Charlie però passa quotidianamente davanti alla fabbrica di cioccolato del Sig. Wonka, la più grande al mondo, ed il suo più grande desiderio è di poter mangiare le squisitezze che da essa vengono prodotte.
E così, quando Willy Wonka indice un concorso grazie al quale i cinque fortunati che troveranno un Biglietto d'oro all'interno di altrettante barrette di cioccolata potranno entrare e visitare la fabbrica (nella quale da anni non entra nessuno!), oltre a garantirsi una fornitura a vita delle prelibatezze Wonka, a Charlie batte forte il cuore! In fondo a breve ci sarà il suo compleanno, ed il regalo che ha sempre ricevuto è proprio una tavoletta di cioccolato Wonka!
I primi quattro bambini trovano il Biglietto quasi subito. Il primo è Augustus Gloop, un bambino obeso che, vista la quantità giornaliera di cioccolato che ingurgita, non poteva evitare di trovare il prezioso cartoncino nemmeno volendolo. Poi tocca alla viziatissima Veruca Salt, o meglio ad una delle operaie che lavorano nella fabbrica del padre e che per l'occasione sono state obbligate a scartare per giorni e giorni di fila tonnellate di confezioni per poter soddisfare il capriccio della bambina. Poi c'è Violetta Beauregarde, un'appassionata masticatrice di chewing gum che detiene il record di masticazione della stessa cicca per più tempo. Infine, il quarto Biglietto è stato trovato da Mike Tivù, teledipendente patito soprattutto di telefilm western.
Così il povero Charlie è piuttosto scoraggiato, soprattutto perché nella sua tavoletta non ha trovato null'altro che la cioccolata stessa. Ma per un colpo di fortuna trova alcune sterline e, preso dai morsi della fame, compra una confezione di cioccolata Wonka e trova il quinto ed ultimo Biglietto d'oro.
La gioia in casa Bucket è talmente tanta che nonno Joe, quello che più sperava che Charlie trovasse il biglietto, dopo più di vent'anni che era costretto a letto trova la forza di alzarsi e si propone come accompagnatore alla visita della fabbrica.
Il gran giorno i cinque bambini con i genitori (o il nonno, nel caso di Charlie) vengono accolti da Willy Wonka. Scoprono che i misteriosi operai della fabbrica sono degli Umpa Lumpa, dei piccoli omini "importati direttamente dal cuore della giungla di Lumpalandia", e che all'interno dell'edificio si nasconde un mondo a dir poco meraviglioso, fatto di stanze dove tutto è commestibile, compresa l'erba, e di invenzioni geniali. Ma purtroppo anche un luogo che sembra essere il paradiso dei golosi può essere pericoloso, se non si rispettano le indicazioni che dà il Sig. Wonka. E infatti ad uno ad uno i bambini cadono vittime dei propri vizi: Augustus è talmente ingordo da cadere nel fiume di cioccolata fusa mentre la beve e viene risucchiato da un potente tubo, finendo al reparto praline; Violetta, sentendo descrivere una delle ultime, straordinarie invenzioni di Wonka, ovvero una gomma da masticare che è un pasto di tre portate, non resiste e la assaggia, diventando un enorme mirtillo ("c'è sempre qualcosa che non funziona quando si arriva al dolce"); la principessina Veruca cercando di prendere uno degli scoiattoli che sgusciano le noci finisce nello scarico della spazzatura; ed infine Mike Tivù decide di teletrasmettersi nella stanza del Telecioccolato, diventando talmente piccolo da poter stare nella mano di sua madre.
L'ultimo rimasto è Charlie, e quando Willy Wonka se ne rende conto è felicissimo e gli rivela di aver intenzione di regalargli la fabbrica di cioccolato, e che da quel giorno il ragazzo e la sua famiglia potranno andare a vivere direttamente nel meraviglioso edificio.

I FILM
Appena sette anni dopo la pubblicazione del libro, Mel Stuart dirige Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato.
Il film vede Gene Wilder nei panni di Willy Wonka, e nel corso degli anni ha avuto un buon successo, tanto da diventare un film di culto per diverse generazioni. Non la pensa così però Dahl, che trova che sia stato enfatizzato troppo il personaggio del produttore di cioccolato a scapito del vero protagonista, il bambino che grazie alla sua educazione ed alla sua bontà si guadagna un futuro meraviglioso, tanto da arrivare a disconoscere il film.
Effettivamente diverse parti della storia sono state modificate, a volte in parte, altre in maniera radicale. Slugworth, ad esempio, nel romanzo è semplicemente nominato come uno dei concorrenti di Wonka, mentre nel film assume un vero e proprio ruolo da antagonista, quasi un diavolo tentatore che cerca di corrompere quelle che dovrebbero essere le creature più innocenti della Terra, i bambini. In un'altra occasione invece è stata inserita una scena inventata di sana pianta, ed anzi totalmente contraria a quanto riportato nel libro: Charlie e nonno Joe, disobbedendo al divieto da parte di Wonka di bere una bibita molto gassata, mettono in pericolo la propria vita rischiando di volare fino alle pale di un enorme ventilatore, e solamente ruttando riescono ad espellere il potentissimo gas e tornare letteralmente con i piedi per terra. Ora, questa è una vera contraddizione rispetto alle caratteristiche del bambino e dell'anziano, che non solo non avrebbero mai violato una regola dell'imprenditore, ma nemmeno avrebbero avuto un comportamento così poco polite e si sarebbero messi a ruttare come se nulla fosse.
Nonostante queste ed altre discrepanze, trovo comunque che in linea di massima questo primo film abbia rispecchiato abbastanza il romanzo, almeno in generale. I bambini, persino quelli che con Charlie visitano la fabbrica, nonostante i difetti esagerati sono comunque bambini "normali", che avrebbero potuto davvero esistere nel '64.
Nel 2005 esce un nuovo film tratto dal romanzo, La fabbrica di cioccolato di Tim Burton.
Premesso che trovo molto belli diversi lavori del regista statunitense, credo che però questa sia una di quelle volte in cui ha toppato. Come tutte le sue opere Burton si diverte ad esagerare, ad estremizzare, ma anche se a volte questo funziona alla grande, purtroppo non è questo il caso. Se il povero Dahl avesse potuto vedere anche questo secondo film tratto dal suo libro, credo che ne sarebbe rimasto sconvolto. A partire da Willy Wonka, impersonato da Johnny Depp, che ormai trovo sia vittima dei suoi stessi personaggi che interpreta sempre allo stesso modo (per la precisione sembra sempre Jack Sparrow di Pirati dei Caraibi). É un Sig. Wonka che non è sicuro di sè ed orgoglioso del proprio operato e della propria fabbrica, la cui unica preoccupazione è quella di trovare in tempo un successore che la mandi avanti. Quello di Tim Burton è un Sig. Wonka insicuro, con un trauma infantile che lo ha segnato per sempre e che (com'è ovvio) alla fine riesce a superare, riappacificandosi con il padre. Una trovata a dir poco fine a sé stessa, che sembra tirata fuori da un programma di Barbara D'Urso. Come fine a sé stesse sono diverse citazioni cinematografiche, che ho personalmente interpretato come un vanto dello stesso regista: alcune tra tutte, la tavoletta di cioccolato Wonka che viene trasmessa dal Telecioccolato in mezzo ad un gruppo di scimmioni, palesemente il monolite di Kubrick in 2001: Odissea nello spazio, ed un'altra meno palese appena dopo, ovvero Mike Tivù che grida "Aiuto! Aiutatemi!" con una vocina resa acuta dal suo rimpicciolimento e che ricorda tantissimo L'esperimento del Dottor K., meglio conosciuto ai più come La mosca.
Un'altra cosa fastidiosa è stata lo stravolgimento di due personaggi: Violetta Beauregarde, che se nel libro è una bambina normalissima a cui piace masticare i chewing gum nel film invece è una ragazzina spinta sempre a competere in tutto dalla madre, e Mike Tivù, nel libro presentato come un bambino che sta semplicemente troppo tempo davanti alla tele, nel film descritto come un piccolo mostro di logica, informatica e videogiochi e con un'indole decisamente violenta.
Non tutto l'operato di Burton è però da criticare: molto apprezzabile la sua scelta di far cantare agli Umpa Lumpa parte delle canzoni effettivamente presenti nel libro, senza inventare testi alternativi; purtroppo però con l'edizione italiana si è persa, ma l'idea di base rimane comunque valida.
Insomma, c'è poco da fare: rimango dell'opinione che quando si ha a che fare con un capolavoro della letteratura (perché tale reputo il romanzo di Dahl) come La fabbrica di cioccolato l'unica cosa che si dovrebbe fare in un film sarebbe quella di mantenersi assolutamente fedeli, per quanto possibile, al testo originale. Perché qualunque modifica da parte del regista si rivelerebbe comunque futile e sbagliata. Ma è solo la mia opinione.

BW

Nella nostra libreria:
Roald Dahl
La fabbrica di cioccolato (Charlie and the Chocolate Factory)
ed. Salani gl'Istrici
200 pag.
traduzione di Riccardo Duranti
illustrazioni di Quentin Blake

giovedì 27 febbraio 2014

Tre uomini in barca - Jerome K. Jerome (1889)

"Non c'è nulla che mi irriti quanto vedere gli altri seduti a far nulla mentre io lavoro. 
Una volta ebbi a vivere con un tale che mi faceva diventar matto proprio per questo. Si allungava sul divano e mi guardava ore ed ore mentre lavoravo. Diceva che gli faceva bene guardarmi, perchè gli dimostrava che la vita non era un pigro sogno fatto di noia e sbadigli, ma un compito quanto mai nobile, pieno di doveri e di attività...
Invece io non sono così. Non riesco a star seduto a guardare un altro che s'affanna. Sento il bisogno di alzarmi e di dirigere, di aggirarmi con le mani in tasca e dire all'altro che cosa deve fare. É il mio temperamento energico. Non posso farne a meno."
Jerome Klapka Jerome


TRAMA
L'estate è ormai alle porte, il sole splende alto e le tipiche brume che dominano l'inverno inglese sembrano essersi dileguate del tutto, quindi cosa c'è di meglio di una bella gita?
Questo pensano i tre amici George, Harris ed il narratore Jerome che, desiderosi di lasciarsi alle spalle il famigerato "logorio della vita moderna", decidono di concedersi una bella vacanza di due settimane sul Tamigi con una barca presa a nolo.
E così, dopo aver arruolato anche Montmorency (l'inseparabile, vivacissimo ed attaccabrighe fox-terrier di Jerome) che, a quanto sembra, preferirebbe evitare questo viaggetto, la combriccola si appresta a salpare.
L'itinerario prevede la partenza dal caratteristico borgo medievale di Kingston e, dopo aver risalito il corso del fiume fino ad Oxford, terminerà invertendo la marcia per tornare di nuovo nella Great London.
L'unico inconveniente potrebbe essere costituito dal fatto che i tre amici, nonostante nessuno sia disposto ad ammetterlo, non siano proprio degli esperti barcaioli. Inoltre la loro mancanza di abilità nelle attività pratiche, unita ad una scarsissima capacità di adattamento e, soprattutto, ad un'innata indole da veri e propri scansafatiche, rischiano di causare qualche problema.
Ma tuttosommato si tratta solo di due settimane, che volete che sia...
Ah, che meraviglia! Lo splendore della campagna nel bel mezzo della primavera, le deliziose cittadine che si affacciano sul fiume, cenare sotto le stelle, dormire il sonno dei giusti e, appena svegli, farsi una bella nuotata! Davvero, cosa potrà mai esistere di più rilassante?

RECENSIONE
Opera che, nata originariamente come guida turistica, venne modificata fino a farne un divertentissimo romanzo umoristico, Tre uomini in barca dell'ex maestro elementare Jerome K. Jerome riscosse un successo clamoroso alla fine dell'ottocento, arrivando addirittura a vendere un milione e mezzo di copie nella sola Gran Bretagna e, a distanza di tantissimo tempo, continua ad essere un esempio di comicità brillante e genuina.
Ricco di autentico ed irresistibile british humour e condito da numerosissime divagazioni ed aneddoti, questo libro ci mostra un lato dell'Inghilterra vittoriana assolutamente poco conosciuto, lontano anni luce dalla seriosità della letteratura che andava allora per la maggiore e, con un garbo ed un'eleganza davvero notevole, narra una storia tanto semplice quanto piacevole.
Jerome, su suggerimento dell'editore, tolse le molte disgressioni storiche e culturali che tendevano ad appesantire il testo e confezionò così un racconto che ci regala diverse situazioni spassosissime. Basti citare, in tal senso, il calvario rappresentato dalla scatoletta di ananas sciroppato che non ne vuole sapere di aprirsi, il resoconto del viaggio in treno di Jerome con le pregiate forme di formaggio francese, o la disavventura del povero Montmorency con il pentolino del tè.
Una lettura leggera e quantomai rilassante, e sono sicuro che anche per voi, come lo è stato per me, sarà veramente difficile riuscire a trattenervi dallo scoppiare a ridere sguaiatamente, mano a mano che seguirete le esilaranti peripezie della banda di casinisti più irrefrenabile di tutta Londra.

BF


Nella nostra libreria:
Jerome K. Jerome
Tre uomini in barca (Three Men in a Boat)
ed. BUR ragazzi
226 pag.
traduzione di Pietro Canepa




mercoledì 26 febbraio 2014

Compagni di sangue - Michele Giuttari & Carlo Lucarelli (1999)

"Questa è una storia vera, una serie di eventi realmente accaduti e accaduti qui, in Italia e ora. Ma per come sono agghiaccianti e straordinari, questi eventi e questa storia, forse si farebbe prima a credere che siano solo un'invenzione. Che non siano mai accaduti davvero, nè ora nè qui."
Carlo Lucarelli

RECENSIONE
Dei delitti del Mostro di Firenze ne abbiamo già parlato in un post precedente; questi crimini hanno però segnato in maniera talmente indelebile la storia italiana da rendere inevitabile la pubblicazione di numerosi libri a tal proposito. 
Uno tra essi è Compagni di sangue, di Michele Giuttari e Carlo Lucarelli. Se molti conoscono lo scrittore emiliano, di cui abbiamo recensito diverse pubblicazioni, forse non tutti sanno chi sia Giuttari. Commissario di polizia, tra le altre cose ha ricoperto l'incarico di capo della Squadra Mobile di Firenze dal 1995 al 2003. Il primo caso in cui si è imbattuto con questo ruolo è stato proprio quello degli omicidi attribuiti al Mostro.
Essendo scritto a quattro mani, Compagni di sangue si apre con una descrizione degli avvenimenti che tanto ricorda la più classica delle puntate di Blu notte, ovviamente a cura di Lucarelli. La seconda parte, invece, più che un semplice saggio è la trascrizione vera e propria degli atti e degli interrogatori che vennero utilizzati durante il processo ai cosiddetti "compagni di merende": Pietro Pacciani, Mario Vanni e Giancarlo Lotti.
Trascritti con un linguaggio proprio di una persona del mestiere ma al contempo perfettamente comprensibile a tutti, questi interrogatori colpiscono molto perchè riportano alla luce un mondo nascosto fatto di personaggi a dir poco inquietanti, che sono stati protagonisti in maniera più o meno diretta di una danse macabre durata quasi vent'anni.
Ciò che ho molto apprezzato in questo volume è che gli autori, in particolar modo Giuttari, pur sostenendo (ovviamente) la propria tesi a proposito degli avvenimenti non sente la necessità di dover infangare e ridicolizzare continuamente il lavoro e le opinioni altrui, al contrario di quanto era stato fatto da Preston e Spezi.
Al di là dell'opinione che ognuno inevitabilmente possa essersi fatto sulla vicenda, trovo che sia comunque sacrosanto il rispetto dei ruoli e delle idee altrui. Qualunque sia il vostro parere in merito su tutto ciò, ritengo che Compagni di sangue sia un libro molto interessante da leggere, sia per chi magari si cimenta per la prima volta con questo argomento, sia per chi abbia già letto altre opere a riguardo, in quanto fornisce rivelazioni e particolari inediti su questo tragico capitolo della storia del nostro Paese.

BW

Nella nostra libreria:
Michele Giuttari & Carlo Lucarelli
Compagni di sangue
ed. BUR Rizzoli
237 pag.


 


Dal libro al film: una nuova rubrica

A partire da dopodomani, d'ora in avanti l'ultimo venerdì di ogni mese sarà dedicato ad una nuova rubrica intitolata "Dal libro al film".

Si tratta di un progetto nato con l'intenzione di unire due passioni che spesso accomunano molte persone, noi compresi: la letteratura ed il cinema.

Ad ogni puntata parleremo di un libro nella sua interezza e del (o dei) film che ne è stato tratto, con conseguente confronto ed opinioni, come al solito strettamente personali.

Speriamo che questa nostra idea possa essere di vostro gradimento, e come sempre vi invitiamo a darci consigli, pareri ed anche critiche.

Ne approfittiamo per ringraziarvi per l'attenzione e la costanza con cui ci avete seguiti finora, anche dall'estero. É per noi una grandissima soddisfazione vedere che così tante persone apprezzano il nostro piccolo blog.

Appuntamento a venerdì allora: non mancate, e preparate i pop corn!

BW & BF

martedì 25 febbraio 2014

Scasso con stupro - James Ellroy (2004)

"So di te e di quella puttanella di attrice. Autunno '83. Ti dice niente? Odio quella puttanella perchè la odia una mia amica, ma in giro c'è un angelo vendicatore."
Gary Getchell

TRAMA
Accadono cose inquietanti da un po' di tempo nelle lussuose residenze di Bel Air ed Holmby Hills: c'è qualcuno che col favore delle tenebre si introduce negli appartamenti e, dopo aver sedato gli inquilini si porta via dei "trofei", solitamente biancheria intima femminile.
Il detective Rick "Rino" Jenson intanto, oltre ad indagare su queste intrusioni notturne, continua ad essere ossessionato da un vecchio caso insoluto di stupro ed omicidio risalente a quasi quarant'anni prima. Inoltre, il suo principale informatore, il direttore della rivista scandalistica "Hush-Hush" è appena morto stroncato dall'AIDS ed il suo successore, Gary Getchell, entra così in possesso di alcuni dossier appartenuti al defunto che potrebbero mettere in serio imbarazzo i vertici del LAPD.
Rino dunque riceve il compito di dissuadere Getchell dal pubblicare questo materiale così scottante, anche utilizzando metodi non proprio ortodossi. Accade così che mentre il detective, insieme ad un collega, sta cercando di far ragionare Gary "con le cattive", questi lo provoca dicendo di sapere molte cose anche su di lui e sulla sua ex fidanzata Donna Donahue, ora famosa attrice di soap opera
Donna poi da un po' di tempo è vittima di un molestatore che, via mail, le chiede insistentemente di poter comprare un paio delle sue mutandine.
Il detective Jenson forse inizia a vedere uno spiraglio di luce, una piccola pista da seguire... ma sarà quella giusta?

RECENSIONE
Premessa doverosa prima di cominciare: Scasso con stupro non è un romanzo, si tratta infatti di un racconto che originariamente faceva parte dell'antologia uscita negli USA intitolata Destination: Morgue. Nell'edizione italiana della suddetta antologia quindi, non venne incluso il racconto Scasso con stupro, che venne poi pubblicato a parte in questo libretto del quale mi accingo a parlare.
Partiamo subito dicendo che il racconto tolto dal suo contesto perde un po' di forza, considerando anche che Ellroy probabilmente l'aveva pensato più come un'opera di contorno e collegato ad altri episodi presenti nello stesso volume, che non ad un testo a sè stante.
Però, sebbene non rappresenti di certo l'apice della produzione letteraria dello scrittore di L.A., devo riconoscere che Scasso con stupro il suo onesto compito lo fa eccome. La trama racconta di una torbida storia di sesso, ricatti e morte sullo scenario preferito di Ellroy, ovvero la città di Los Angeles, con tutte le sue contraddizioni e le sue bassezze. Una città cattiva e che lui ha ribattezzato in modo ironico (ma neanche troppo) "Los Diablos".
Il suo stile qui è ritmato, cadenzato e quasi febbrile, con un lessico che incorpora al suo interno numerosi termini presi da altre culture (messicana, coreana, francese ed anche italiana), creando un linguaggio particolarissimo e più che mai convincente. Ellroy infatti, dal punto di vista strettamente stilistico ritengo sia uno degli autori più eclettici e capaci che ci siano in circolazione, a mio parere insieme all'italianissimo Andrea G. Pinketts, e qui ne dà un'ulteriore dimostrazione.
Il protagonista è ben caratterizzato, altri personaggi secondari forse un po' meno, ma in generale mi è parso che il mix di tensione e coinvolgimento emotivo funzioni sufficientemente, riservando anche un paio di colpi di scena finali che rendono il tutto molto più stuzzicante.
Concludo solo dicendo che il racconto si legge piuttosto in fretta, sono in tutto poco più di centotrenta pagine e per giunta stampate in caratteri belli grossi, ma alla fine il prezzo abbastanza basso invoglia sicuramente all'acquisto anche perchè, vale forse la pena di ricordarlo, stiamo pur sempre parlando di James Ellroy.

BF


Nella nostra libreria:
James Ellroy
Scasso con stupro (Hot-Prowl Rape-O)
ed. Bompiani
138 pag.
traduzione di Carlo Prosperi









lunedì 24 febbraio 2014

A morte lo shogun - Dale Furutani (2000)

ATTENZIONE!!! Il libro di cui stiamo per parlare è il terzo della Trilogia del Samurai. Se non avete letto il precedente, intitolato Vendetta al palazzo di giada, vi sconsigliamo di proseguire con la lettura del post.

 
"Io sono la spada dell'integrità, la lama della giustizia."
Matzuyama Kaze

TRAMA
Matzuyama Kaze ha finalmente raggiunto Edo, l'antica Tokyo, seguendo le tracce della bambina che deve salvare. La sua missione sembrerebbe finalmente giunta quasi al termine, se non fosse che, per l'ennesima volta, il destino decide di mettergli i bastoni tra le ruote.
Mentre il ronin infatti si aggira per le strade della nuova capitale alla ricerca del bordello che potrebbe (ahimé!) ospitare la ragazzina, in città si trova nientepopodimenoche lo Ieyasu, lo shogun in persona; e mentre egli sta sfilando per le strade, circondato dalle sue guardie e dai suoi vassalli, viene sparato un colpo di moschetto, e solo per un pelo non viene colpito lui, ma un daimyo.
Dell'accaduto viene immediatamente incolpato Kaze, e per tutta la città si scatenza una caccia all'uomo, stimolata anche dall'enorme ricompensa promessa sia a chi possa dare informazioni utili alla sua cattura, sia a chi dovesse ucciderlo.
Ma abbiamo già imparato a conoscere l'abile e furbo samurai: riuscirà a cavarsela anche stavolta e a terminare finalmente la sua missione?

RECENSIONE
Bravo Furutani! Devo proprio trovare un difetto a questo romanzo e alla tua "Trilogia del mistero del samurai"? Ebbene, eccolo: sono finiti!
Scherzi a parte, anche in questo romanzo l'autore conferma la sua straordinaria capacità di narrare le vicende in maniera semplice e lineare, ed allo stesso tempo di istruirci su usi e costumi e su fatti di storia del Giappone del 1603. Ma non si limita a questo: con la storia ci gioca proprio, tanto da arrivare ad attribuire la paternità del teatro kabuki, il teatro giapponese (nato davvero nel 1603!) che tolse il monopolio al più antico e tradizionale teatro noh.
Ho già ampiamente decantato le lodi di Furutani e del suo stile che amo molto, per cui mi sembra superfluo farlo nuovamente (basta leggere i miei post su Agguato all'incrocio e Vendetta al palazzo di giada per saperne di più). Voglio lasciarvi però con una promessa: a breve ho tutte le intenzioni di acquistare e leggere un altro libro dell'autore americano, intitolato Strane avventure di Sherlock Holmes in Giappone. E state tranquilli che non mancherò di farvi sapere se, anche con questo, Furutani ha fatto centro!

BW

Nella nostra libreria:
Dale Furutani
A morte lo shogun (Kill the shogun)
ed. Marcos y Marcos
264 pag.
traduzione di Michele Foschini

  

domenica 23 febbraio 2014

Ristorante al termine dell'Universo - Douglas Adams (1980)

ATTENZIONE!!! Il libro di cui stiamo per parlare è il secondo della Trilogia in cinque volumi. Se non avete letto il precedente, intitolato Guida galattica per gli autostoppisti, vi sconsigliamo di proseguire con la lettura del post.



"Il Vortice di Prospettiva Totale elabora l'immagine dell'Universo intero basandosi sul principio dell'analisi della materia estrapolata. 
Infatti, dato che tutti i frammenti di materia dell'Universo hanno una precisa relazione con tutti gli altri frammenti di materia dell'Universo, in teoria è possibile estrapolare tutta la vastità del creato (i soli, i pianeti, le loro orbite, la loro composizione e la loro storia economica e sociale) da, diciamo, un pezzettino di torta di mele.
L'uomo che inventò il Vortice di Prospettiva Totale lo inventò soprattutto per fare un dispetto a sua moglie.
Trin Trugula, così si chiamava quest'uomo, era un sognatore, un pensatore, un esperto in filosofia teoretica, o, come lo definiva sua moglie, un idiota."
Dalla 'Guida galattica per gli autostoppisti' alla voce 'Vortice di Prospettiva Totale'


TRAMA
E così i nostri eroi Arthur Dent, Ford Prefect, Trillian, Zaphod Beeblebrox e Marvin riescono a fuggire dal pianeta Magrathea e si apprestano ad andare a pranzo fuori, ma le brutte sorprese non sono ancora finite: infatti si accorgono di essere finiti sotto l'attacco di una nave vogon. In più, la Cuore d'oro non risponde più ai comandi in quanto Arthur ha appena chiesto al computer di bordo un'impresa davvero ostica, cioè preparare una tazza di buon tè, e questi di conseguenza si impalla.
Vistosi ormai spacciato, Zaphod evoca lo spirito di suo nonno, Zaphod Beeeblebrox IV che, dopo averlo rimproverato duramente per la propria irresponsabilità, decide di salvare la vita al nipote degenere ed ai suoi "amici dell'epoca moderna" facendo compiere a tutti un balzo nello spazio-tempo.
Accade così che Zaphod e Marvin vengano catapultati nella sede dell'Orsa Minore, casa editrice che stampa la Guida galattica, alla ricerca di tal Zarniwoop e, dopo una serie di avventure oltre l'incredibile, Zaphod si accorge di avere in tasca il modellino della Cuore d'oro.
Quindi, COME LOGICA VUOLE, riporta l'astronave alle sue dimensioni originarie, ritrovando i compari, che nel frattempo non si erano mai mossi da lì ed, affamatissimi, possono finalmente andare tutti insieme a cena al "Milliways", il celebre Ristorante al termine dell'Universo.
Tutto questo, proprio mentre sta per avere luogo lo gnaB giB, cioè il Big Bang al contrario, ovvero la distruzione dell'intero Universo, evento trasformato in un grandissimo show con tanto di presentatore e conto alla rovescia in stile Capodanno.
É dunque giunta la fine per i nostri amici?
Presto per dirlo, ma in ogni caso NON FATEVI PRENDERE DAL PANICO!

RECENSIONE
E si continua a ridere senza ritegno! Se il precedente episodio era qualcosa di assolutamente spassoso e geniale, Ristorante al termine dell'Universo, se possibile, lo è ancora di più.
Infatti, il secondo capitolo della "Trilogia in cinque volumi" si spinge ancora di più sui binari dell'ironia, schizoide ed intelligentissima, e sulla caratterizzazione di un paio di nuovi personaggi strepitosi che vi costringeranno a sghignazzare come idioti anche alle due di notte (come è successo al sottoscritto)!
In questo capitolo, molto incentrato sulla figura di Zaphod che recita alla grande il ruolo dell'autentico mattatore, meritano di essere menzionati oltre al solito, fantastico Marvin, robot perennemente depresso, anche il Comandante (non posso dirvi di più) e Hotblack Desiato, leader del gruppo rock al plutonio La Zona del Disastro, il quale non avete idea di cosa arrivi a fare pur di sfuggire alle tasse.
Adams, dal canto suo, conferma tutto il proprio talento nel mettere in scena situazioni al limite dell'assurdo che appassionano e divertono il lettore, non lesinando però qualche frecciatina pungente all'indirizzo di alcune abitudini degli abitanti della Terra, curiose ed irrazionali, proprio così come potrebbero apparire ad un essere proveniente da un altro pianeta.
La fantascienza unita ad uno humour di tipico stampo britannico, surreale ed acutissimo, danno vita perciò ad un libro che si legge in pochissimo tempo e che termina giusto un attimo prima che lo scherzo possa rischiare di venire a noia, in modo così da tenere nel lettore sempre viva la sete di altre avventure. Credo proprio non ci sia altro da dire se non che, nel caso non si fosse capito, a me questo tipo di comicità brillante, leggera e priva di volgarità inutili fa letteralmente impazzire.
Insomma, si ride è vero, ma sempre tenendo il cervello ben acceso.

BF


Nella nostra libreria:
Douglas Adams
Dalla raccolta "Guida galattica per gli autostoppisti - il ciclo completo"
Ristorante al termine dell'Universo (The Restaurant at the End of the Universe) 
ed. Oscar Mondadori
130 di 645 pag.
traduzione di Laura Serra




sabato 22 febbraio 2014

Trappola per topi - Agatha Christie (1952)

"<<Chi può essere?>>
<<Probabilmente, l'assassino di Culver Street.>>"
Mollie e Giles Ralston

TRAMA
I giovani sposini Mollie e Giles Ralston hanno appena finito di ristrutturare e trasformare in un albergo Monkswell Manor, e aspettano impazienti i primi clienti che hanno prenotato per quella sera. Si tratta dell'eccentrico Signor Wren, della Signora Boyle, snob e piena di esigenze, del Maggiore Metcalf e della signorina Casewell.
Gli ospiti sono appena arrivati, lamentandosi tutti dell'intensa bufera di neve che sta imperversando e che ha impedito a tutti i tassì di arrivare più in là del cancello, obbligandoli ad arrancare sotto la tempesta. Quand'ecco che inaspettamente accadono due cose: prima suona il campanello, ed un buffo ed alquanto bizzarro straniero, il Signor Paravicini, chiede di poter anch'egli soggiornare a Monkswell Manor, dal momento che la sua macchina è in panne a causa del maltempo; poi la polizia telefona annunciando che a breve sarebbe arrivato il sergente Trotter.
E proprio mentre tutti si chiedono cosa debba venire a fare un poliziotto di tanto urgente da non poter nemmeno attendere la fine della nevicata, arriva proprio il sergente, munito di sci. Ed il motivo tanto impellente che lo ha spinto all'albergo è la necessità di proteggerne gli occupanti da un feroce assassino, che ha già ucciso una donna in Culver Street, a Londra.
Ma sarà sufficiente la protezione della polizia per evitare il peggio?

RECENSIONE
Questa volta, cara la mia signora Christie, ce l'ho fatta! Nel momento culminante, nel finale travolgente, avevo già capito chi fosse l'assassino (ammetto però di non aver intuito un altro particolare).
Detto questo (ma che soddisfazione!) passiamo a parlare dell'opera. Sì, perchè non di romanzo bensì di una pièce teatrale si tratta. Nel 1947 la BBC, in occasione dell'ottantesimo compleanno della regina Mary, aveva chiesto alla sovrana cosa avrebbe voluto ascoltare durante la trasmissione radiofonica a lei dedicata; e la regina aveva risposto senza alcuna esitazione: "Un giallo di Agatha Christie".
La scrittrice del Devon aveva quindi riarrangiato in fretta e furia un suo racconto, intitolato Tre topolini ciechi. Visto il successo che ebbe la trasmissione, la Christie ne adattò la sceneggiatura e ne fece quel dramma teatrale che dal 10 ottobre 1952 viene ancora oggi replicato a Londra, anche se è passato dal teatro Ambassador al St. Martin.
Forse non sarà la migliore delle opere della scrittrice britannica, e sicuramente sfrutta il ben collaudato escamotage del luogo chiuso in cui potenziali vittime ed assassino non possono fuggire. Di certo però si tratta di un lavoro comunque interessante, soprattutto considerando che il suo mezzo non dovrebbe essere la carta stampata, bensì il palcoscenico.

BW

Nella nostra libreria:
Agatha Christie
Trappola per topi (The Mousetrap)
ed. Oscar Mondadori
139 pag.
traduzione di Ida Omboni

 

venerdì 21 febbraio 2014

La signora dei funerali - Madeleine Wickham (1998)

"<<A proposito, Johnny vuole che gli telefoni. É molto urgente.>> [...]
<<Cosa succede questa volta?>>
<<Non lo so [...] Non ha voluto dirmelo. Qualcosa di importante, immagino.>>
<<Un funerale?>>"
Zara e Fleur Daxeny

TRAMA
La quarantenne ed affascinante Fleur è una mamma single, e come ripete a sua figlia Zara: "La retta della scuola non piove dal cielo". Così ha trovato e perfezionato un modo efficace per garantire a sè e a Zara una vita di agi e benessere, per quanto temporanea.
Si è specializzata infatti nell'arte di imbucarsi a funerali, rigorosamente di ricche donne, durante i quali conosce ed ammalia i vedovi; nei mesi successivi si premura di utilizzare al meglio le loro carte di credito, per passare poi al funerale successivo.
Quando muore Emily Favour sembra che la storia sia destinata a ripetersi; ma di certo Fleur non si aspettava che, oltre al vedovo Richard, nel pacchetto fossero compresi anche la cognata Gillian, sorella della defunta Emily, la figlia Philippa ed il figlio Anthony, coetaneo di Zara.
Le cose paiono complicarsi, e qualcosa potrebbe andare non proprio secondo i piani di Fleur...

RECENSIONE
La signora dei funerali è una delle prime opere della Wickham, ed un po' si sente. Lo stile è già il suo, ma ancora deve consolidarsi e diventare immediatamente riconoscibile a livello universale. Accadrà appena due anni dopo, grazie alla fortunata serie pubblicata sotto lo pseudonimo di Sophie Kinsella I love shopping.
In questo romanzo ancora l'autrice britannica non aveva perfezionato la sua straordinaria capacità di caratterizzare i personaggi, che ancora risultano un po' incerti e non del tutto convincenti.
La stessa protagonista, Fleur, non riesce a conquistare completamente il cuore del lettore, probabilmente a causa della sua scelta di vita per molti non condivisibile. Ma ciononostante rimane ugualmente un libro gradevole, sia per chi ancora non conosce la Wickham, sia per chi invece si è già innamorato delle altre eroine che popolano i suoi romanzi.
Di sicuro non è l'opera meglio riuscita della scrittrice londinese ma è comunque un libro piacevole e leggero, ideale per un weekend o in ogni modo per svagarsi un po'.

BW

Nella nostra libreria:
Madeleine Wickham
La signora dei funerali (The Gatecrasher)
ed. Oscar Mondadori
285 pag.
traduzione di Nicoletta Lamberti

   

giovedì 20 febbraio 2014

Venere privata - Giorgio Scerbanenco (1966)

"...siamo ridicolmente divisi in due categorie nette, le pietre e i sensitivi. Qualcuno con un'accetta fa scempio della propria famiglia, moglie, madre e figli, poi in carcere, tranquillo, chiede di essere abbonato alla Settimana Enigmistica per fare le parole crociate. Qualche altro, invece, deve essere ricoverato al neurodeliri perchè ha lasciato la finestra aperta, il suo gattino si è arrampicato sul davanzale ed è caduto dal quinto piano: ha ucciso lui il gatto, pensa, e impazzisce."
Duca Lamberti 


TRAMA
Appena uscito di prigione dopo tre anni passati a scontare la condanna per aver praticato l'eutanasia ad una sua anziana paziente malata terminale, Duca Lamberti, giovane medico radiato dall'ordine in seguito alla vicenda giudiziaria in cui è stato coinvolto, viene contattato dall'ingegner Pietro Auseri, noto industriale della plastica, che intende offrirgli un impiego.
Ma non si tratta di un impiego qualsiasi: Davide, un vero colosso ed unico figlio dell'ingegnere, da quasi un anno è finito nel tunnel dell'alcolismo e nessuno riesce a capire quale possa essere il problema che l'affligge, tanto da spingerlo ad ubriacarsi di whisky dal mattino alla sera.
Senza ragazza, senza amici fidati, Davide è un ragazzo profondamente triste, comunica sempre più raramente ed in generale manifesta una grave forma di depressione. Il padre dice di averle provate tutte per farlo smettere di bere, anche le maniere forti, ma alla fine tutto è risultato inutile.
Duca pertanto, dovrà cercare di fargli da angelo custode, farlo parlare il più possibile, capire cos'è che spinge il ragazzo a bere così smodatamente, e provare a guarirlo.
Duca si trasferisce così nella villa degli Auseri in Brianza ma, durante la prima notte che egli trascorre insieme a Davide, questi tenta subito il suicidio.
Il giovane a questo punto viene messo alle strette da Duca, che gli fa capire la stupidità del suo gesto e riesce a conquistarsi così un po' di fiducia da parte del ragazzo che, finalmente, trova il coraggio di confessare per quale motivo si è rifugiato nella bottiglia.
Circa un anno prima infatti, egli aveva conosciuto una ragazza di nome Alberta, con la quale aveva avuto una brevissima relazione. Lei lo aveva poi scongiurato di fuggire insieme, dicendo che se non fosse riuscita ad andarsene dall'Italia si sarebbe dovuta suicidare e che, nonostante desiderasse vivere, non aveva altra scelta.
Davide inizialmente non diede troppo peso a quelle che, sul momento aveva creduto semplici farneticazioni di un'isterica, ma il giorno dopo il corpo di Alberta venne ritrovato svenato in un campo vicino Metanopoli. Il giovane così, a causa di tutto questo, ha finito per essere assalito da tremendi sensi di colpa fino ad arrivare a considerarsi direttamente responsabile della morte della ragazza.
Ma c'è dell'altro. Prima di scendere dall'auto di Davide e dirgli addio, ad Alberta era inavvertitamente caduto uno strano oggetto dalla borsetta, che il ragazzo aveva prontamente raccolto e conservato; qualcosa di molto piccolo, ma che si scopre contenere qualcosa di veramente grosso e sconvolgente.
Duca è figlio di un poliziotto, sicchè in questura conosce ancora molti ex colleghi del suo defunto padre, uno tra tutti il burbero commissario Carrua, ed è a lui che si rivolge per far sì che le indagini sulla morte di Alberta, archiviate un po' frettolosamente, vengano riaperte.

RECENSIONE
Prima mia incursione nelle opere di Giorgio Scerbanenco, autore al quale moltissimi dei giallisti italiani (e non solo) di oggi debbono sicuramente molto ed al quale è stato anche intitolato un prestigioso premio letterario, Venere privata è un buon romanzo di genere ed è importantissimo alla luce di tutto quello a cui ha dato origine in seguito.
Scerbanenco con questo libro ha di fatto creato il noir all'italiana. Il Noir infatti, prima di allora, pareva essere un genere ad esclusivo appannaggio dell'America, ma egli ne ha offerto una variante interessante e molto credibile, trasportando il tutto nell'Italia degli anni sessanta (in particolar modo a Milano), senza tuttavia cedere alla tentazione di scimmiottare gli elementi distintivi dei romanzi d'oltreoceano.
Il libro nel complesso è senza dubbio buono, anche se bisogna riconoscere che qualche pecca la presenta, soprattutto nello sviluppo dei personaggi, e verrebbe anche da dire che risulta un po' datato, anche se il termine non è del tutto esatto.
Infatti sarà magari datato, ma non è assolutamente vecchio, anzi. In effetti, se si può tranquillamente affermare che in alcuni punti e nel modo di scrivere di Scerbanenco, i quasi cinquant'anni trascorsi dalla pubblicazione si sentono tutti, va anche detto che gli argomenti trattati sono tuttora all'ordine del giorno ed addirittura, in certi casi, molte tematiche impressionano ancora oggi per quanto sono crude e scottanti.
E poi c'è la splendida ambientazione della Milano dell'epoca: quella del boom economico, del primo benessere, delle vacanze al mare, dei locali notturni, dei derby Inter-Milan con Mazzola da una parte e Rivera dall'altra, di Mina che canta Se telefonando a Studio Uno... Ma anche, anzi soprattutto, quella della malavita, delle rapine in banca pressochè quotidiane, degli omicidi, dei traffici di droga e della prostituzione.
In ogni caso io consiglio caldamente Venere privata, anche in virtù del fatto che si presta ad essere divorato piuttosto velocemente e che lo stile dell'autore, estremamente limpido e privo di orpelli fini a sè stessi, lo rende una lettura agevole e per nulla impegnativa.
Da segnalare infine, una cosa positiva ed una negativa nell'edizione presente nella nostra libreria. Se da una parte rivolgo personalmente un sentito complimento alla casa editrice per aver aggiunto in appendice un bellissimo scritto ad opera dello stesso Scerbanenco, nel quale egli narra alcuni episodi salienti e molto toccanti della propria vita, dall'altro trovo invece decisamente pessima l'idea di inserire una prefazione nella quale si fanno diversi spoiler sul racconto che ci si appresta ad iniziare. Per mia fortuna, io ho da sempre la buona abitudine di leggere eventuali prefazioni e postfazioni solo dopo aver terminato il libro, ma credo che in generale ci debba essere una maggiore attenzione e rispetto verso il lettore, cercando il più possibile di evitare simili leggerezze.

BF


Nella nostra libreria:
Giorgio Scerbanenco
Venere privata
ed. Garzanti
222 pag.









mercoledì 19 febbraio 2014

Herbert West, rianimatore - Howard Phillips Lovecraft (1922)

"Per diciassette anni, dopo quella notte, West si sarebbe guardato furtivamente alle spalle e sarebbe stato ossessionato da passi immaginari che risuonavano dietro di lui."
Howard Phillips Lovecraft, da 'Dalle tenebre'


RECENSIONE
Nel 1922 la neonata rivista amatoriale Home Brew commissiona ad H.P. Lovecraft un piccolo serial horror, sei episodi indipendenti ma imperniati sullo stesso protagonista.
É la prima volta che Lovecraft viene pagato per un suo scritto, circa cinque dollari a puntata, ed in lui prende forma fin da subito un sentimento a dir poco contradditorio. Se da una parte infatti, egli è estremamente felice in quanto inizia quasi a sentirsi uno scrittore "professionista", dall'altro insiste ad affermare convinto che è pressochè impossibile creare un'opera su ordinazione.
Su queste basi decisamente schizoidi nasce quindi la storia di Herbert West, timido e riservato studente di medicina, che riesce ad inventare uno speciale siero in grado di riportare in vita i defunti.
L'unica incognita è rappresentata dal fatto che gli esperimenti sono stati condotti esclusivamente su cavie non umane come ad esempio il gatto della fidanzata dell'aiutante di Herbert, o altri piccoli animali come i porcellini d'India.
Ben presto però Herbert West passerà a testare la propria sensazionale scoperta anche su cadaveri di esseri umani e qui, come si può ben immaginare, inizieranno i problemi...
Malgrado Lovecraft lo considerasse una sorta di  "hack work", ossia una cosa che si fa solo per soldi, Herbert West, rianimatore è un considerevole esempio della grande abilità dell'autore di Providence di creare personaggi totalmente sconcertanti, come avviene in questo caso con il protagonista.
Quella di Lovecraft è inoltre un'opera totalmente di rottura ed in un certo senso anche innovativa sul tema degli zombi, in quanto all'epoca tutte le storie incentrate su quest'argomento si basavano sulle credenze e sui rituali tipici del voodoo, mentre qui i morti vengono fatti risorgere attraverso un processo chimico.
Scritto nel peculiare stile morboso ed ossessivo che hanno reso celebre il suo autore, Herbert West, rianimatore è un percorso allucinante di un uomo che, non rassegnandosi alla morte, cerca in ogni modo di superare le barriere imposte dalla natura. Vecchio clichè della letteratura di genere fin dai tempi di Mary Shelley questo, per carità, ma quello che sorprende in questi sei episodi è il modo del tutto straordinario in cui esso viene rielaborato. Quando poi, nella narrazione degli eventi, si giunge al punto in cui il protagonista decide di iniziare a sperimentare il siero su corpi umani ancora freschi, le vicende si fanno oltremodo spaventose ed agghiaccianti e si arriva a toccare con mano il vero terrore.
Le sei puntate, tutte quante pubblicate nel 1922, sono caratterizzate da una progressiva discesa negli abissi dell'orrore e della follia e nel corso degli anni sono anche state fatte oggetto di vari adattamenti, dai film fino ai fumetti. Tutto ciò non fa altro che testimoniare la grande influenza culturale che questo racconto, nato quasi per scherzo ed inizialmente snobbato, ha avuto su tantissime altre forme d'arte.
I sei episodi, in origine dati alle stampe separatamente, sono nell'ordine:

I.   Dalle tenebre (From the Dark)
II.  Il demone della pestilenza (The Plague Demon)
III. Sei spari al chiaro di luna (Six Shots by Moonlight)
IV.  L'urlo del morto (The Scream of the Dead)
V.   L'orrore dalle ombre (The Horror from the Shadows)
VI.  Legioni della tomba (The Tomb-Legions)

BF


Nella nostra libreria:
Howard Phillips Lovecraft
Dalla raccolta "Tutti i racconti 1897-1922"
Herbert West, rianimatore (Herbert West, Reanimator)
ed. Oscar Mondadori
30 di 355 pag.
traduzione di Giuseppe Lippi 







martedì 18 febbraio 2014

Il corpo umano - Paolo Giordano (2012)

"<<Te lo immagini? Venire qui senza la guerra e scorrazzare liberi per il Paese con una ragazza a fianco. [...] Fumare le foglie di marijuana appena staccate dalla pianta.>>
<<Sarebbe bello.>>
<<Sarebbe grandioso.>>"
Di Salvo e Ietri

TRAMA
Il terzo plotone della sessantaseiesima compagnia, la "Charlie", si trova in missione in Afghanistan, più precisamente nella valle di Gulistan, e lì, in quel posto che sembra dimenticato di Dio, dovrà rimanere per sei mesi.
Ovviamente, un plotone non è un'entità singola, bensì un microcosmo vero e proprio, una macchina, una società in miniatura, ed i suoi componenti, pur avendo diverse cose in comune, sono tutti diversi tra loro: c'è il giovane Ietri, appena ventenne, che a casa ha lasciato una mamma vedova ed apprensiva; l'esaltato Cederna, che non vede l'ora di mettere a frutto le ore ed ore di addestramento e mettersi in mostra, sperando di entrare nei corpi speciali; il maresciallo René, che prima ancora di andare in missione ha incominciato una guerra morale ed emotiva con sè stesso; e diversi altri commilitoni.
Pur non facendo parte del terzo plotone, un'altra figura partecipa alla vita all'interno della fob Ice, la base: si tratta del medico di campo, il tenente Alessandro Egitto. Anche se non è sempre lui in prima persona a narrare le vicende, esse spesso e volentieri ci vengono mostrate attraverso i suoi occhi, e soprattutto con il suo punto di vista rigoroso e scientifico.
Un romanzo sulla guerra, ma anche sulla società e sui rapporti umani: il corpo umano non è infatti solo quello del singolo individuo; è il plotone stesso, ed i soldati sono gli organi vitali che gli permettono di funzionare e sopravvivere.

RECENSIONE
Il corpo umano è il secondo romanzo di Paolo Giordano. Come già forse sapete, il primo mi era piaciuto moltissimo, per cui ho acquistato il seguente a scatola chiusa, senza nemmeno leggere di cosa parlasse.
É stato quindi quasi uno shock realizzare che si trattava di un libro sulla guerra: tutto mi sarei aspettata dal fisico torinese tranne che un argomento spinoso come questo. Eppure Giordano è riuscito anche questa volta a fare centro. La narrazione è molto credibile, e fa pensare che si sia documentato molto bene, non solo sulle dinamiche che avvengono all'interno (ed all'esterno) di una base militare, ma anche e soprattutto su chi queste esperienze le ha vissute sulla propria pelle.
Il romanzo, ad esclusione di un primo, breve capitolo che funge da prologo, è diviso in tre parti: la prima, che mi ha ricordato tantissimo Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati (e potrebbe non essere un caso, dal momento in cui la caserma di origine del plotone è quella di Belluno) narra dell'attesa dell'inizio della missione, che sgretola le sicurezze degli uomini ma che al tempo stesso diventa routine, tanto da far quasi dimenticare il perchè si è lì; la seconda, crudele e spaventosa, racconta la missione vera e propria; ed infine la terza, dove il lettore scopre come i soldati che ha imparato a conoscere, come se li avesse incontrati di persona, affrontano il ritorno in Italia, insieme ai demoni che si sono portati dall'Afghanistan.
Un libro che conferma la bravura dell'autore, senza dubbio non adatto a tutti vista la particolarità del tema di cui tratta, ma che sicuramente consiglio vivamente a chi se la sentisse di affrontare questo argomento, in particolar modo coloro che hanno già apprezzato La solitudine dei numeri primi.
L'unico neo non è da attribuirsi all'autore, bensì all'edizione: troppi, veramente troppi i refusi, tra cui addirittura l'inversione di due pagine (45-47-46-48), che confonde e destabilizza il lettore. Sinceramente, da una casa editrice importante come la Mondadori ci si aspetterebbe un po' più di cura ed attenzione in questi dettagli.

BW

Nella nostra libreria:
Paolo Giordano
Il corpo umano
ed. Mondadori Numeri Primi
309 pag.

   

lunedì 17 febbraio 2014

La leonessa bianca - Henning Mankell (1993)

"Improvvisamente, il cane iniziò ad ululare. Il poliziotto tirò il guinzaglio un paio di volte irritato e poi si chinò in avanti per vedere quello che aveva attirato l'attenzione del cane. Wallander vide che il poliziotto aveva alzato il capo di scatto lasciando cadere il suo panino a terra."
Henning Mankell


TRAMA
Louise Åkerblom, donna felicemente sposata e madre di due bambine, nonchè titolare di un'agenzia immobiliare insieme al marito Robert, scompare improvvisamente mentre si reca ad un appuntamento con una cliente.
Il marito si rivolge così alla polizia di Ystad, dove il commissario Kurt Wallander, dopo aver ascoltato l'uomo, decide di far partire subito le indagini. Louise conduce una vita tranquillissima, tutta casa, lavoro e chiesa dato che, nel tempo libero, riveste anche un ruolo molto attivo all'interno della locale parrocchia. Per quale motivo quindi, una donna attaccatissima alla propria famiglia, di punto in bianco, dovrebbe decidere di far perdere volontariamente le proprie tracce? Troppe cose non tornano, troppi elementi strani come ad esempio il paio di manette che viene ritrovato nel cassetto della sua scrivania e del quale il marito afferma di non sapere nulla, oppure la Toyota Corolla di Louise che viene rinvenuta sul fondo di un laghetto.
Nelle stesse ore in Sudafrica intanto, un gruppo di fanatici boeri sta mettendo a punto l'omicidio ai danni di un importante uomo politico che vorrebbe porre fine all'apartheid. Questo l'organizzazione non può permetterlo e pertanto ingaggia uno spietato killer che viene mandato ad addestrarsi in una zona rurale della Svezia meridionale, in attesa di entrare in azione.
Le due vicende paiono essere completamente slegate tra loro, e nessuno sospetta nulla, fino a che Wallander scopre che dietro alla misteriosa sparizione di Louise c'è una pista che conduce fino in Sudafrica.

RECENSIONE
Terzo romanzo appartenente alla serie delle inchieste del commissario Wallander, La leonessa bianca indugia ancora una volta su aspetti di forte rilevanza sociale e politica. Dopo il tema del razzismo affrontato nel primo episodio Assassino senza volto, ed il precedente (e molto buono) I cani di Riga, che analizzava i confusi scenari presenti nei paesi dell'est Europa nei giorni seguenti alla caduta dell'Unione Sovietica, questa volta Mankell punta l'obiettivo sul Sudafrica e sul regime dell'apartheid.
Tentativo interessante ma, a mio modesto avviso, non molto riuscito. 
Tanto per cominciare, Mankell è sicuramente un buon scrittore dotato anche di una certa inventiva ma che io reputo un po' sopravvalutato e che pecca un po' di autocompiacimento. Leggendo poi le entusiastiche recensioni a questo libro mi sono chiesto: "Ma possibile che io sia l'unico a cui non è piaciuto?". Tutto potrebbe essere, così come potrebbe essere che io non capisca un cavolo ed abbia pessimi gusti in fatto di libri, ma La leonessa bianca non mi ha proprio convinto.
Come spesso accade nel "poliziesco scandinavo" infatti, ho avuto l'impressione che a volte l'autore, temendo forse di passare per il solito nordico dal cuore arido di sentimenti, cerchi in tutti i modi di nobilitare le proprie trame con argomenti di grande impatto sociale che possano rendere il tutto più "impegnato".
Ma tutto questo finisce con l'appesantire decisamente la narrazione, anche perchè Mankell tende ad essere molto descrittivo, anche dove magari non sarebbe necessario. 
La trama poi, sebbene non originalissima (di nuovo: solo a me ha ricordato molto, pure un po' troppo, Il giorno dello sciacallo di Forsyth?), è costruita anche bene se non fosse che ci sono un paio di passaggi (che risulteranno decisivi) che sono quantomeno poco credibili, per non dire di peggio.
Insomma la sensazione che ho avuto dalla lettura di questo romanzo è che l'idea iniziale fosse piuttosto valida, con la storia della scomparsa dell'insospettabile e devota madre di famiglia che forse nasconde un segreto molto torbido, ma che poi Mankell abbia voluto inserire troppe cose, troppi argomenti e troppi personaggi, facendo così perdere di energia a tutto il lavoro.
Insomma, così come avevo apprezzato moltissimo I cani di Riga, purtroppo non posso dire altrettanto di questo romanzo, che mi ha lasciato l'amaro in bocca. 
Un'occasione sprecata quindi. 
Almeno secondo il mio personale, opinabilissimo, punto di vista.

BF

Nella nostra libreria:
Henning Mankell
La leonessa bianca (Den vita Lejoninnan)
ed. Marsilio
554 pag.
traduzione di Giorgio Puleo