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martedì 17 dicembre 2013

I cani di Riga - Henning Mankell (1992)

"Qui in Svezia ho avuto modo di vedere un'abbondanza di beni materiali che sembra non avere limiti. Sì, fra i nostri due paesi esiste una diversità che però allo stesso tempo è anche una similitudine. Entrambi i paesi sono poveri. Da noi non c'è abbondanza. Da noi non c'è libertà di scelta. In Svezia ho avuto la sensazione di intuire quella povertà che ha le sue origini nella mancanza della necessità di lottare per la propria sopravvivenza... Non vorrei essere al vostro posto."
Maggiore Karlis Liepa


TRAMA
In una fredda mattina del febbraio 1991 viene ritrovato sulla spiaggia di Ystad, nella Svezia meridionale, un canotto di salvataggio con a bordo due cadaveri. I corpi sono quelli di due uomini uccisi a colpi di pistola con una dinamica che fa pensare subito ad una esecuzione.
La polizia di Ystad, coordinata dal commissario Kurt Wallander, inizia le indagini e si scopre immediatamente che le due vittime sono in realtà dei noti criminali lettoni, molto ricercati in patria.
Da Stoccolma giungono quindi due poliziotti di supporto ed una funzionaria del Ministero degli Esteri, incaricata di intrattenere i rapporti con il piccolo stato baltico.
Inoltre, proprio da Riga, viene inviato il maggiore Karlis Liepa con il compito di collaborare con la polizia locale.
In seguito ad una serie di drammatiche circostanze poi, sarà il commissario Wallander a doversi recare in Lettonia, dove verrà coinvolto in una catena di intrighi oscuri sullo sfondo di un paese vittima di grande instabilità politica in seguito alla disgregazione dell'Unione Sovietica e dove la corruzione regna sovrana.

RECENSIONE
Si potrebbe iniziare col dire che I cani di Riga, secondo capitolo che racconta delle inchieste del commissario Wallander, atipica figura di poliziotto creata dalla penna di Henning Mankell, non è propriamente un giallo. E neppure un poliziesco vero e proprio. Infatti, volendo etichettare a tutti i costi questo libro, a me verrebbe da definirlo più che altro una spy story impreziosita da alcuni elementi politici e di storia contemporanea.
Mankell costruisce una trama piuttosto intrigante e molto più che nel precedente Assassino senza volto riesce a dare vita ad alcuni personaggi molto ben plasmati e credibili. Su tutti il maggiore Liepa che viene descritto come un omino dall'aspetto innocuo e trascurato che pare manifestare una completa indifferenza a tutto e a tutti, arrivando addirittura a fumare una sigaretta dopo l'altra nell'ufficio adibito a sala riunioni, davanti agli esterrefatti e scandalizzati colleghi svedesi; salvo poi dimostrare di essere un investigatore di grandi capacità e dalle fulgide intuizioni.
Anche l'atmosfera di Riga, grigia e plumbea, viene resa in modo molto preciso e plausibile in quello che ha rappresentato un momento storico delicatissimo ed estremamente confuso.
L'unica pecca a mio giudizio sta in un'esposizione un po' troppo prolissa. La vicenda di per sè si snoda in modo molto naturale ed anche scorrevole, eccezion fatta che per il finale dove si ha l'impressione che Mankell abbia voluto "allungare il brodo", con il risultato di far perdere un po' di brillantezza alla storia.
Comunque considero in ogni caso I cani di Riga un ottimo romanzo affascinante ed avvincente che, se solo fosse durato una cinquantina di pagine in meno, sarebbe stato veramente perfetto.

BF


Nella nostra libreria:
Henning Mankell
I cani di Riga (Hundarna I Riga)
ed. Marsilio
310 pag.
traduzione di Giorgio Puleo


 





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