BW&BF

lunedì 30 settembre 2013

Assassino senza volto - Henning Mankell (1991)

"<<I vicini non hanno visto o sentito nulla. Credo che si tratti di una normale rapina>>
<<Chiami una bestialità simile normale?>>"
Wallander e Rydberg

TRAMA
Johannes e Maria Lövgren, due anziani coniugi, una notte vengono aggrediti nella propria casa colonica in una zona isolata della Scania, nella Svezia meridionale. I due, dopo essere stati legati con una tecnica molto particolare, vengono barbaramente torturati.
Quando arrivano i soccorsi, per Johannes non c'è più nulla da fare, mentre Maria è ancora viva, seppur in condizioni gravissime, tanto che morirà poco dopo l'arrivo in ospedale.
Poco prima che morisse però, l'agente Rydberg, dice di averla sentita ripetere più volte la parola "stranieri", questo potrebbe costituire un indizio importantissimo.
Nella vicinanze infatti, è presente un campo profughi che dà asilo a molti immigrati, regolari e non. 
La polizia di Ystad, sotto la guida del commissario Kurt Wallander, inizia a svolgere le indagini, che però si presentano fin da subito difficili e molto delicate, anche perchè una fuga di notizie riguardo alle parole pronunciate da Maria in fin di vita scatena un clima di grande tensione e di intolleranza verso gli stranieri.
Durante le ricerche e gli interrogatori di circostanza poi, Wallander scopre che  Johannes Lövgren conduceva una doppia vita e dovrà chiedere aiuto ai colleghi di Kristiansand, per cercare di risolvere un caso che rischia di avere gravi implicazioni anche dal punto vista sociale.

RECENSIONE
Assassino senza volto rappresenta il primo capitolo della fortunata serie delle inchieste del commissario Wallander, personaggio di fiction poliziesca ormai popolarissimo, non solo in Scandinavia.
Quarantaduenne, sovrappeso e perennemente malinconico, il commissario della polizia di Ystad rappresenta un poliziotto atipico, sia per il carattere introverso, che per la sua proverbiale goffaggine che strappa più di un sorriso.
Lo stile di Mankell però, devo dire che non è proprio adatto ad un romanzo di genere, infatti, sebbene il libro si legga in maniera anche piacevole, spesso la trama sembra essere più il pretesto per raccontare uno spaccato sociale, cosa che forse sarebbe più opportuno fare in un'inchiesta giornalistica, più che in un giallo.
Naturalmente ognuno ha i propri gusti e preferenze, anche in tema di libri, però io credo che un buon poliziesco debba basarsi principalmente su di una trama avvincente e che lasci il lettore costantemente col fiato sospeso, se poi ci si vuole inserire anche altri argomenti più "impegnati", tanto di guadagnato.
Qui si ha invece l'impressione che l'autore sia soprattutto interessato a parlare di razzismo, e che si serva della storia per fare questo, relegandola quindi in secondo piano.
Io viceversa sono dell'idea che bisognerebbe fare proprio l'esatto contrario, almeno in questo tipo di narrativa, poi ripeto, è giusto che ciascuno abbia le proprie opinioni in merito, io ho solo espresso il mio punto di vista.
Divagazioni a parte, il romanzo comunque non è malvagio e contiene anche qualche spunto interessante, nonostante non sia il mio preferito tra quelli di Mankell.

BF

Nella nostra libreria:
Henning Mankell
Assassino senza volto (Mördare utan Ansikte)
ed. Marsilio
366 pag.
traduzione di Giorgio Puleo





Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino - Christiane F. (1978)

"Quando Kessi improvvisamente sparì mi feci dei problemi. Intuivo dove poteva essere e andai alla stazione della metropolitana. Lì lei stava su una panca e dormiva con davanti, per terra, un mucchio di patate fritte; prima che la potessi svegliare arrivò un treno e scese la madre di Kessi. [...] Ancora addormentata Kessi si beccò due schiaffi sulle guance. [...] Probabilmente gli schiaffi ricevuti alla stazione della metropolitana di Wutzkyallee hanno risparmiato a Kessi un sacco di cose."
Christiane

RECENSIONE
Famosissimo romanzo biografico, nato dalle registrazioni delle interviste dei giornalisti Kai Hermann e Horst Rieck all'allora minorenne Christiane Vera Felscherinow, Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino descrive la vita della ragazzina tedesca e quella dei suoi amici, tutti entrati giovanissimi nel mondo della droga e della prostituzione.
La narratrice è quasi sempre Christiane, con solo qualche intervento occasionale da parte della madre e di altri adulti venuti a contatto per lavoro con questi ragazzi, poco più che bambini, precipitati in una spirale di disperazione e dipendenza che, in alcuni casi, li porterà addirittura alla morte.
Il linguaggio utilizzato è crudo, come solo poteva essere quello di chi, abbandonando ogni dignità, arriva a rubare e a vendere il proprio corpo in cambio di un po' di morte in polvere.
Ma il disagio giovanile descritto nel libro non è solo legato alle droghe: anche la difficile esistenza di un giovane nella Berlino Ovest degli settanta, la separazione dei genitori, la totale mancanza di prospettiva vengono affrontati in questo "documento-verità".
Un libro non facile, non per lo stile crudo, che anzi lo rende appassionante in quanto realistico, ma proprio per il tema che tocca, ma comunque da leggere, perché oltre ad essere un'inchiesta giornalistica di importante rilevanza sociologica può essere visto, almeno in parte, come un trattato di storia contemporanea, anche se limitato alla Germania Ovest dal 1968 al 1978.
Da leggere tutto d'un fiato (vedrete che non riuscirete a smettere di leggere), con in sottofondo la meravigliosa colonna sonora dell'omonimo film, completamente composta da canzoni del grandissimo David Bowie, di cui Christiane era appassionata e al cui concerto si buca per la prima volta. 

BW

Nella nostra libreria:
Christiane F.
Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino (Wir Kinder vom Bahnhof Zoo)
ed. Superbur Saggi
pag. 346
traduzione di Roberta Tatafiore

    

domenica 29 settembre 2013

Colpo di spugna - Jim Thompson (1964)

"Così ci pensai e ci ripensai, e poi ci pensai ancora un po’. E finalmente presi la decisione. Decisi che non sapevo che cavolo fare."
Nick Corey

TRAMA
Texas, albori del ventesimo secolo. Siamo nella contea di Potts, la più piccola dello stato, solo 1280 abitanti che si conoscono tutti e dove la vita scorre lenta tra maldicenze, razzismo, adulteri... insomma, le solite cose che accadono in quegli anni (e non solo in quegli anni) nelle piccole comunità.
Nick Corey è lo sceriffo di questa cittadina: pigro, vigliacco e neppure troppo sveglio, la sua unica preoccupazione è cercare di non pestare i piedi a nessuno e fare quel poco che basta per poter essere rieletto. Inoltre è tormentato in continuazione dalla moglie Myra che lo vessa senza sosta, e dal cognato Lennie, un ritardato mentale che ha l'hobby di andare a sbirciare le signore nell'intimità della camera da letto.
Come se non bastasse, Ken Lacey, lo sceriffo della città vicina, lo tratta come un completo idiota e perfino i due papponi del bordello locale lo umiliano di frequente, anche in pubblico.
Ad un tratto scatta qualcosa in Nick, qualcosa che ci fa sospettare che forse non è così tonto come vuole far credere e che forse non lo è mai stato, ma che si è creato questa facciata da "stupidotto che non farebbe male ad una mosca" per uno scopo ben preciso.
Il suo rivale in corsa per il ruolo di sceriffo, tale Sam Gaddis, pare essere tutto ciò che lui non è: coraggioso, integerrimo, gran lavoratore, insomma un vero uomo tutto d'un pezzo la cui elezione appare ormai praticamente scontata.
Per Nick è tempo di risolvere tutti questi problemini che lo angustiano, tanto da fargli addirittura perdere l'appetito da bisonte che si ritrova ("ho mandato giù poca roba: solo qualche sandwich, un po' di sformato, patatine, noccioline e dei biscotti") e il sonno ("fatico a riposare...non dormo più di 8-9 ore per notte").
É giunto il momento di afferrare il toro per le corna quindi, e di dare un bel Colpo di spugna!

RECENSIONE
Se amate il cinema di Tarantino o dei fratelli Coen, dovreste assolutamente dare un'occhiata a questo capolavoro (e ad altri) di Jim Thompson, così non potrete far a meno di notare da dove questi grandi registi e sceneggiatori abbiano preso spunto per le loro trame spiazzanti e i loro celebri dialoghi.
Jim Thompson è un autore che, con il suo stile aspro e dove nello stesso tempo è sempre presente una apprezzabile vena comica, ha influenzato alcuni autentici "mostri sacri" della narrativa attuale, King e Lansdale su tutti.
Colpo di spugna dipinge la provincia americana con una crudezza esemplare: una società meschina e bigotta, dove tutti sanno qualcosa di poco edificante dell'altro, ma finchè la cosa non interferisce con i propri interessi, va bene così. Thompson naturalmente parla del cuore rurale degli USA, perchè è il luogo che conosce meglio, ma anche in questo caso, credo che il discorso si possa allargare a molte altre realtà. Un libro che,  nonostante sia stato scritto quasi cinquant'anni fa, parla la stessa lingua ed ha lo stesso vigore dei migliori noir  contemporanei.
Ma è la figura del protagonista Nick Corey ad essere la vera forza motrice del racconto: ci è o ci fa? E se fosse un lupo travestito da agnello? Di più non posso, e non voglio dire, ma il mio modesto suggerimento è di comprare questo libro, o di prenderlo a prestito in biblioteca, perchè merita davvero. Un western che forse è anche qualcosa di più, con dei personaggi tratteggiati in modo magistrale ed una trama che prende velocità poco a poco, fino a lanciarsi in una corsa inarrestabile, come uno di quei treni che attraversavano gli spazi sconfinati del vecchio West.

BF


Nella nostra libreria:
Jim Thompson
Colpo di spugna (Pop. 1280)
ed. Fanucci Editore
199 pag.
traduzione di Anna Martini







Uomini e topi - John Steinbeck (1937)

"Per noi è diverso. Noi abbiamo un avvenire. Noi abbiamo qualcuno a cui parlare, a cui importa qualcosa di noi. Non ci tocca di sederci all'osteria e gettar via i nostri soldi, solamente perché non c'è un altro posto dove andare. Ma se quegli altri li mettono in prigionem possono crepare perché a nessuno gliene importa. Noi invece è diverso."
George

TRAMA
Durante la grande depressione due hobos, come molti altri, girano per i ranch della California in cerca di un lavoro. Si tratta del gigantesco e ritardato mentalmente Lennie e del saggio George, che si prende cura costantemente dell'amico, tirandolo fuori dai guai e ricordandogli continuamente quale sia il loro obiettivo: comprare un pezzetto di terra tutto loro, dove potranno vivere "del grasso della terra" e dove Lennie potra accudire i conigli.
Lennie infatti ha la passione per le cose morbide, e gli piace accarezzarle, soprattutto gli animaletti come ad esempio i topi, ma non rendendosi conto della sua forza quasi sovraumana finisce sempre con l'ucciderli.
I due compagni finiscono così in un ranch dove vengono assunti come caricatori. Lì conosceranno il vecchio scopino Candy e il garzone di stalla negro Crooks, entrambi con negli occhi il sogno di una famiglia e di un pezzo di terra il capo-cavallante Slim, molto intelligente e perfettamente capace di gestire le dinamiche, a volte anche delicate, del ranch, il figlio del padrone, Curley, violento e complessato a causa della sua bassa statura, e la moglie di lui, sciocca, vanesia e provocatrice, che si sente frustrata perché non è riuscita a realizzarsi e per aver sposato l'uomo sbagliato.

RECENSIONE
In Uomini e topi il vincitore del Premio Nobel per la Letteratura 1962 e Premio Pulitzer 1940 affronta uno dei suoi temi ricorrenti: quello dello sfruttamento dei poveri, della loro negata possibilità di emancipazione, ma anche quello della solitudine dell'uomo.
Non voglio soffermarmi più a lungo sugli aspetti sociologici e filosofici del libro; piuttosto voglio parlarne dal punto di vista della narrazione.
Steinbeck, nei soli sei capitoli che compongono il romanzo, è stato capace di descrivere perfettamente due microcosmi: uno è l'unità famigliare-duo George-Lennie, dove dal primo dipende completamente la sopravvivenza del secondo. L'altro è il ranch, nel quale in realtà esistono una moltitudine di singoli individui legati l'uno all'altro solamente da una convivenza forzata e dal lavoro che li accomuna.
I capitoli (anzi, le parti) in cui è diviso il romanzo descrivono altrettante scene perfettamente definite, tanto che verrebbe da pensare che fin dall'inizio lo scrittore pensasse ad una trasposizione teatrale divisa in atti.
Uomini e topi è un classico della letteratura contemporanea, che pur toccando temi sociali delicati si legge molto bene, anche grazie al linguaggio molto realistico (un plauso va sicuramente alla traduzione di Cesare Pavese), che ci fa immergere nella scena. Il lettore non si limita a osservarla, ma la vive, come si trovasse nel ranch insieme ai due uomini, sente le loro speranze e le loro paure.
Una lettura breve, che una volta iniziata nel giro di un paio d'ore avrete già finito, ma che vi toccherà nel profondo, come tutti i buoni libri sanno fare.

BW

Nella nostra libreria:
John Steinbeck
Uomini e topi (Of Mice and Men)
ed. Tascabili Bompiani
120 pag.
traduzione di Cesare Pavese

 

sabato 28 settembre 2013

Due pinte di birra - Roddy Doyle (2012)

"<<Senti, ma dov'è che è la Libia?>>
<<Boh...nel deserto.>>
<<Quale?>>
<<Eh?>>
<<Quale deserto?>>
<<Cazzo ne so, quello con la sabbia. Chiedi a Peter O'Toole.>>"
31-5-11

TRAMA
Due amici di mezza età si incontrano ogni settimana in un pub di Dublino e, tra una birra e l'altra, commentano le ultime notizie di costume, politica e sport.
Le imminenti elezioni, lo scandalo dei preti pedofili, la rielezione di Obama, la morte di Gheddafi, la grave crisi in Grecia, le prestazioni scadenti della nazionale irlandese durante Euro 2012, la gravidanza di Kate Middleton e finanche il comandante Schettino. Niente e nessuno viene risparmiato in quello che è, alla fine, una specie di diario irriverente che va dal maggio 2011 al dicembre 2012.
Ogni tanto poi, i due uomini si sfogano raccontandosi i piccoli problemi famigliari, come il nipotino di uno che ama infilare topi morti nel tostapane o la moglie dell'altro che,  distrutta dal dolore per la morte di Whitney Houston, decide di dar fondo a tutti i suoi risparmi per poter partecipare al funerale e rendere così omaggio alla sua cantante preferita.

RECENSIONE
Più che un vero romanzo, questa è una raccolta di dialoghi, sagaci e divertenti, una serie di conversazioni serali dove nessun avvenimento politico, sportivo o mondano sfugge all'attenzione dei due amici e viene affrontato con un'ironia sferzante e disincantata.
I dialoghi sono brevi, il libro è piacevole e si legge velocemente (io ci ho messo poco più di un'ora);  la struttura è tale che fa venire in mente le celebri strisce a fumetti di Andy Capp, altro fantastico e spassosissimo "animale da pub".
Se una sera doveste aver voglia di andare a bere qualcosa con gli amici ma per qualsiasi motivo ciò non vi è possibile, beh allora il mio suggerimento è il seguente: stappatevi una bella bottiglia di Guinness, mettetevi comodi e leggetevi questo ultimo regalo di Roddy Doyle, e con un po' di immaginazione, vi sembrerà davvero di essere lì con i due buontemponi dublinesi. Cercate solo di fare attenzione a non spruzzare birra sulle pagine a causa delle incontenibili risate che potrebbero scaturire dalla lettura di questo piccolo gioiellino.

BF


Nella nostra libreria:
Roddy Doyle
Due pinte di birra  (Two Pints)
ed. Guanda Editore
153 pag.
traduzione di Silvia Piraccini 





Eragon - Christopher Paolini (2002)

"<<Stiamo diventando più potenti, Eragon, tutti e due. Ben presto nessuno potrà più sbarrarci la strada.>>
<<Già, ma quale strada dobbiamo scegliere?>>"
Saphira ed Eragon

TRAMA
Nel piccolo villaggio di Carvahall vive un ragazzo di quindici anni di nome Eragon, insieme al cugino appena più grande Roran ed allo zio Garrow, conducendo una vita tranquilla e monotona. Un giorno però, mentre è a caccia nelle pericolose foreste della Grande Dorsale, Eragon si imbatte in una strana pietra ovale, di un blu intenso e finemente lavorata, che suscita subito in lui fascino e inquietudine allo stesso tempo.
Decide così di prenderla con sé e di provare a barattarla con un po' di carne dal macellaio del villaggio, il burbero Sloan, padre della sedicenne Katrina, fidanzata in segreto con Roran. Ma il vecchio, quando scopre che la pietra proviene dalla Grande Dorsale, si rifiuta di vendergli la carne, ed anzi scaccia il ragazzo in malo modo.
Eragon così torna a casa senza essere riuscito a procurarsi la carne né cacciando né comprandola, ed amareggiato va a letto. Ma durante la notte si sveglia perché la pietra ha cominciato a squittire e a muoversi. Impaurito, decide di seppellirla, ma quando si avvicina ad essa la pietra si schiude, rivelandosi un uovo. Un uovo da cui è nato un drago blu.
Tra il ragazzo ed il drago nasce immediatamente un legame profondo, che diventa sempre più intenso man mano che passano i giorni. Eragon intuisce da subito la necessità di mantenere segreta l'esistenza del drago, anche perché da secoli i draghi su Alagaësia sono praticamente estinti, e l'unico conosciuto è il nero drago Shruikan che appartiene al crudele re Galbatorix, ma nonostante tutto decide di addestrarlo. Grazie agli insegnamenti del misterioso bardo Brom inoltre scopre che in realtà il suo drago è una femmina che sceglie come nome Saphira.
Tutto sembra svolgersi per il meglio, quando dei mostri chiamati Ra'zac fanno incursione a Carvahall e uccidono Garrow. Eragon, impotente, fugge insieme a Saphira e a Brom, ed inizia l'avventura che lo porterà a conoscere elfi, nani ed altre fantastiche creature e a cercare di unire loro e gli umani nel tentativo di sconfiggere il malvagio Galbatorix.

RECENSIONE
Se si è appassionati del genere fantasy non si può fare a meno di storcere un po' il naso davanti ad alcune palesi "scopiazzature". Ma essendo il primo romanzo di un ragazzo che in fondo, nel momento in cui l'ha scritto, aveva solo quindici anni, gli si può perdonare i numerosi plagi a Il Signore degli Anelli, alle Cronache del ghiaccio e del fuoco, e persino a Guerre stellari. In fondo il romanzo è piacevole, scritto bene anche se la trama è abbastanza infantile e scontata, e nonostante tutto abbastanza appassionante da spingere il lettore (almeno per me è stato così) a proseguire la saga leggendo anche gli altri tre libri che la compongono.
Eragon è un libro che mi sento di consigliare ai lettori appassionati del genere che non l'abbiano ancora letto, e che è adatto sia ad un pubblico più giovane sia ad uno più adulto, purché appunto si tenga conto dei difetti che ho già menzionato. Senza voler spoilerare, posso assicurare che dal secondo romanzo del Ciclo dell'Eredità Paolini ha migliorato molto, e quindi, se avrete la pazienza di leggere un libro sapendo già in partenza che probabilmente non diventerà il vostro libro preferito, potrete comunque gustarvi una piacevole saga.

BW

Nella nostra libreria:
Christopher Paolini
Eragon  (Eragon)
ed. BUR big
593 pag.
traduzione di Maria Concetta Scotto di Santillo

 

venerdì 27 settembre 2013

Il vecchio e il mare - Ernest Hemingway (1952)

"Non pensare ai peccati. É troppo tardi per pensarci e c'è chi è pagato apposta per farlo. Lascia che ci pensino loro. Tu sei nato per fare il pescatore e il pesce per fare il pesce. San Pedro era un pescatore, e anche il padre del grande Joe Di Maggio."
Santiago

TRAMA
Santiago è un vecchio pescatore cubano che da ben ottantaquattro giorni non riesce a prendere nemmeno un pesce e così Manolin, il ragazzo che gli fa da apprendista ed al quale è molto affezionato, viene convinto dai genitori ad andare ad aiutare altri pescatori più fortunati.
Il vecchio però, trova la forza di riprendere il mare da solo e stavolta alla sua esca abbocca un gigantesco marlin lungo quasi sei metri, ed a questo punto inizia per tre giorni e tre notti una lotta disperata contro il pesce che, non volendo arrendersi, lo tira sempre più al largo.
Alla fine Santiago, ormai allo stremo delle forze, riesce ad uccidere il marlin, ma purtroppo la lunga scia di sangue lasciata dal pesce attira diversi branchi di pescecani, contro i quali Santiago combatte coraggiosamente con il solo aiuto di un coltello, difendendo con grande forza la sua preda ma gli squali sono troppi. Quando rientra al porto, dell'enorme pesce che aveva catturato non rimane che la testa e la colonna vertebrale, lasciandogli solo un simbolo dell'effimera vittoria.

RECENSIONE
Un romanzo che è diventato da subito un grande classico, vincitore del Premio Pulitzer nel 1952, tradotto in tutte le lingue, apprezzato da critica e pubblico. Basterebbe solo questo forse, per dare l'idea di cosa rappresenti Il vecchio e il mare per la letteratura moderna.
Hemingway stesso pare che lo considerasse il suo libro migliore, tanto che, al momento di promuoverlo, si impegnò in prima persona come mai aveva fatto prima.
Il vecchio e il mare narra l'eterna lotta dell'uomo contro le forze della natura, una natura che sovente esce vincitrice, ma che comunque non riesce mai a sconfiggere del tutto l'uomo. Il grande rispetto che il vecchio nutre per il marlin, in più di un'occasione arriva perfino a chiamarlo "fratello", insieme al suo immenso coraggio e allo sconfinato orgoglio ci fanno capire quali fossero i temi favoriti dall'autore che in questo romanzo vengono celebrati con uno stile che in certi momenti risulta quasi epico.
La scrittura, semplice ed asciutta, ed il tema del rispetto verso la natura e gli esseri viventi, trattato in modo così nobile e con grande sensibilità, fanno veramente de Il vecchio e il mare una lettura adatta a qualsiasi fascia d'età.
Non solo un romanzo carico di simbolismi quindi, ma anche, e soprattutto, un eccezionale romanzo di avventura. Un'avventura in cui si respira un'atmosfera d'altri tempi, quando l'uomo doveva guadagnarsi da vivere a costo di sforzi enormi, spesso nemmeno ripagati adeguatamente.
 BF


Nella nostra libreria:
Ernest Hemingway
Il vecchio e il mare (The Old Man and the Sea)
ed. Oscar Mondadori
94 pag.
traduzione di Fernanda Pivano

 


La Lettera Scarlatta - Nathaniel Hawtorne (1850)

"Mamma [...] il sole non ti vuol bene. Vedi che fugge e si nasconde, perché ha paura di qualche cosa che tu porti sul tuo petto. Guarda, ora scherza laggiù; resta qui tu e lascia che io corra a prenderlo: io sono piccola: da me non fuggirà, perché ancora non ho quel segno sul mio vestito."
Perla

TRAMA
Siamo nella Boston puritana della fine del XVII secolo. Una giovane e bellissima donna, che porta in braccio una bambina di appena tre mesi, viene costretta a salire sul palco della pubblica gogna: deve infatti mostrare a tutti il suo volto, ma soprattutto il marchio che porta cucito al petto, una lettera "A" scarlatta, finemente ricamata con fili dorati.
È la "A" di adultera, e la bambina che stringe al petto ne è la prova. Da due anni infatti Ester Prynne, moglie di un rinomato medico inglese, ha preceduto il marito nella Nuova Colonia, ed ha vissuto là sola, in attesa di un suo arrivo mai annunciato. La bambina è dunque certamente frutto del peccato, e per questo Ester dev'essere condannata. Non a morte, come le sarebbe accaduto appena qualche anno prima, ma ad una vita di umiliazioni, di vergogna, di isolamento dal mondo, proprio a causa di quel simbolo che la rende un'appestata da evitare a tutti i costi.
Nonostante le minacce, la donna non rivela a nessuno chi sia il padre della piccola Perla. Ma questo non è l'unico segreto che serba per sé: dall'alto del palco infatti riconosce tra la folla un volto che non vedeva da anni, quello del marito, che nel frattempo è arrivato in America e si fa chiamare Chillingworth. Egli, furente per il tradimento, la minaccia di non rivelare mai a nessuno, nemmeno al misterioso padre della bambina, la sua identità.
Ester si trova così a sopportare tutti questi fardelli: il dover crescere una bambina da sola, con il solo frutto della sua grande abilità nel ricamo, il dover mantenere segrete le identità di ben due uomini, una per amore, l'altra per paura e vergogna, e, soprattutto, l'essere marchiata sul petto, ma soprattutto nel cuore.

RECENSIONE
Come Casa di bambola, di cui ho scritto tre giorni fa, anche La Lettera Scarlatta, al momento della sua pubblicazione, fece scandalo. In particolare fu la sua introduzione a destare tanto scalpore, tanto da spingere l'autore a scrivere un'apposita prefazione alla seconda edizione, in cui però non solo non si pente di ciò che ha scritto in quella precedente, ma addirittura spiega perché si trova costretto a ripubblicarne le parole senza cambiarne alcuna.
Nathaniel Hathorne cambiò il suo nome da adulto, aggiungendo la "W" che lo rese "Hawthorne", proprio per dissociarsi e prendere le distanze dalla sua famiglia, in particolare dall'avo John Hathorne, un giudice che in diverse occasioni aveva condannato a morte donne colpevoli di adulterio e stregoneria. Non c'è quindi da stupirsi che il suo romanzo più famoso abbia come tema proprio l'ipocrisia della società puritana, agli occhi della quale persino la bambina frutto dell'adulterio, per quanto bellissima (o forse proprio per quello), dovesse essere per forza un folletto, o la figlia di Satana.
Persino Ester, che pure è sua madre ed è colpevole in prima persona dell'onta che ricade anche sulla figlia non può fare a meno di pensare a lei come ad un essere soprannaturale.
Il romanzo si legge bene, se si riesce a superare l'introduzione... ma dovete capirmi, io in generale sono allergica a introduzioni, prefazioni e a tutto quello che ritarda il mio immergermi in una storia.
Certo, ovviamente la scrittura è quella di un romanzo della metà del XIX secolo, ma è comunque abbastanza avvincente, pur toccando temi così delicati come l'adulterio e la religione, l'amore e la vendetta. Un classico da aggiungere assolutamente alla propria libreria, se non ne avete già una copia.

BW

Nella nostra libreria:
Nathaniel Hawthorne
La Lettera Scarlatta (The Scarlet Letter)
ed. Newton Compton Editori
pag. 127
traduzione di Fausto Maria Martini

   

giovedì 26 settembre 2013

Le piume di Vurt - Jeff Noon (1993)

"...Bè, c'è chi sostiene che questi scambi siano accidentali; che una qualche sventurata cosa vurtiana si trovi troppo vicina a una porta, in un momento molto cruciale, proprio nell'istante in cui viene perduto qualcosa di reale. E zacchete! È il momento dello scambio! Altri dicono che ci sia una sorta di controllore dei MECCANISMI DI SCAMBIO il quale decide del fato degli innocenti. Il Gatto può solo accennare a questa faccenda per via dei grandi segreti che essa comporta e per la differenza di livello che separa te, lettore, da me. Ehi, sentite: ho lottato per arrivare dove sono oggi. Perchè mai dovrei mostrarvi la via più facile? Datevi da fare, giovincelli!"
Gatto Matto

TRAMA
La storia è ambientata in un futuro imprecisato, in una Manchester tetra e iper-tecnologica dove, a causa del progresso portato all'estremo si sono venuti a creare strani ibridi: robo-uomini, robo-cani, ragazze-ombra e via di questo passo.
Scribble, il protagonista, fa parte di una banda di ragazzi chiamati "Stash Riders" che vanno costantemente a caccia di emozioni per fuggire da una realtà violenta e disperata. Ed in quest'epoca il modo più usato per uscire da questo grigiore sembrano essere delle strane piume colorate che consentono di entrare nel Vurt, un'insieme di mondi onirici e che sono, a tutti gli effetti, la droga del momento.
Ci sono piume azzurre, rosa, argentate, nere...un colore per ogni tipo di "viaggio" che si vuole fare, basta infilarsene una in bocca ed accarezzarsi con quella il palato, ed il gioco è fatto.  
Ma ci sono anche alcune regole che è bene seguire. La più importante di tutte è che non bisogna MAI "viaggiare" da soli, ma in gruppo, perchè una volta entrati nel Vurt non si sa cosa si possa trovare, ed anche l'esperienza più tranquilla e gioiosa rischia di trasformarsi da un momento all'altro in un bad trip ed in questo caso si deve uscire dal sogno alla svelta.
Lo sa bene Scribble che, avendo trovato una piuma rarissima e molto pericolosa, il cosiddetto Vudu inglese, ha deciso di condividerla insieme alla sorella-amante Desdemona. Ci sono stati dei problemi, il "viaggio" è diventato un incubo angoscioso e terribile ed il ragazzo se ne è chiamato fuori di colpo, così facendo però ha lasciato indietro la sorella che si è persa nei labirinti del Vurt.
Siccome Scribble ha smarrito Desdemona in questa specie di mondo parallelo, per un gioco di bizzarri equilibri si è ritrovato nella realtà con un'essere alieno che pare un'ameba gelatinosa che emette suoni ridicoli, subito ribattezzata la Cosa-dagli Spazi-Interstellari.
Scribble non si dà pace, il suo unico scopo a questo punto è cercare di trovare un'altra piuma di Vudu inglese, tornare dove aveva interrotto il precedente sogno e scambiare l'alieno con Desdemona, sperando che tutto vada per il meglio.
Chiaramente ora sta a voi scoprire se ci riuscirà...

RECENSIONE
Definito dai critici all'epoca della sua uscita: "l'equivalente letterario di una mega dose di LSD" ed anche "una fiaba punk dolce e violentissima", questo romanzo rappresenta qualcosa di assolutamente unico nel suo genere. 
Una Manchester cupa e perennemente piovosa, che ci ricorda un po' le atmosfere di Blade Runner, fa da sfondo ad una storia che sta a metà tra Alice nel Paese delle Meraviglie e Arancia meccanica, che più che fantascientifica si potrebbe quasi definire cyberpunk.
Scribble è un novello Orfeo che ha perduto la propria Euridice, e che è disposto ad assumersi qualsiasi rischio pur di ritrovarla, in una storia che mischia continuamente momenti molto crudi ad altri più teneri e malinconici.
Vi è poi il misterioso personaggio chiamato Gatto Matto, che non si capisce bene chi sia, una figura sarcastica e profetica che dispensa a tutti piccole dritte sul come muoversi nel Vurt e che a volte si lascia andare a veri e propri "consigli per gli acquisti" sulle ultime piume lanciate sul mercato.
Le piume di Vurt, vincitore dell'Arthur C. Clarke Award 1994, ci presenta il vecchio clichè dell'immaginario e del reale che si confondono, ma in un modo del tutto inedito e seducente.
Un libro che lessi quasi vent'anni fa e che, dovendolo rileggere per scrivere questa breve recensione, mi sento di poter dire che è invecchiato benissimo. 

BF

Nella nostra libreria:
Jeff Noon
Le piume di Vurt (Vurt)
ed. Frassinelli
313 pag.
traduzione di Maria Teresa Marenco





L'Alchimista - Paulo Coelho (1988)

"<<Maktub,>> disse infine il Mercante.
<<Che cosa significa?>>
<<Dovresti essere nato arabo per capirlo,>> rispose lui.
<<Ma la traduzione sarebbe pressapoco 'come è scritto'.>>"
Il Mercante di Cristalli e Santiago

TRAMA
Santiago ha un sogno: vuole viaggiare. E così, giovanissimo, rinuncia ad una vita sicura ed agiata e decide di fare il pastore. La sua vita trascorre tranquilla lungo i vari paesi dell'Andalusia, finchè non gli capita di sognare, per due volte di seguito, un tesoro.
Incoraggiato da un misterioso vecchio che si presenta come il Re di Salem, sceglie di vendere le pecore per cercare di realizzare la sua Leggenda Personale. Il suo obiettivo è quello di raggiungere le Piramidi d'Egitto, ai cui piedi una zingara gli ha predetto che si trova il tesoro che lui ha sognato.
Si reca quindi in Africa, dove incontra saggi e sognatori, dove viene rapinato e trova un lavoro, dove rischia di morire e incontra l'Amore. E soprattutto, dove incontra l'Alchimista.

RECENSIONE
L'Alchimista è il primo romanzo di Coelho che io abbia mai letto. Non ne avevo mai sentito parlare, fin quando la professoressa di italiano delle superiori non ce lo diede da leggere. Non avevo quindi pregiudizi nè aspettative, e per questo è stata ancora maggiore e piacevole la mia sorpresa.
Questo libro è infatti uno dei miei preferiti in assoluto, uno di quelli che potrei rileggere migliaia di volte, e ad ognuna troverei comunque dei particolari che mi erano sfuggiti.
L'Alchimista è la storia di un viaggio, fisico ma soprattutto interiore, in cui Santiago più che scoprire e conoscere luoghi nuovi impara a conoscere sè stesso, i suoi desideri, il suo Cuore. Il suo è un viaggio iniziatico, che segna il suo passaggio da ragazzo a uomo, e il suo tentativo di realizzare la Leggenda Personale è ciò a cui anelano tutti gli uomini, ma in pochi riescono a fare.
Concludo con una precisazione, assolutamente non necessaria ma a cui tengo molto: la copia originale del libro che ho letto per la prima volta a quindici anni e dopo quella molte altre volte ancora, purtroppo è andata perduta. Da buona BookWorm ci tenevo molto a postare la copertina di un libro "vissuto", ma non è stato possibile, per cui dovrete accontentarvi di questa edizione più recente ed appena ricomprata.

BW 

Nella nostra libreria:
Paulo Coelho
L'Alchimista (O Alquimista)
ed. Bompiani
184 pag.
traduzione di Rita Desti


mercoledì 25 settembre 2013

Racconti del terrore - Edgar Allan Poe (1845)

"Per il più folle ed insieme più semplice racconto che mi accingo a scrivere, non mi aspetto e nè sollecito credito alcuno. Sarei matto ad aspettarmelo in un caso in cui i miei stessi sensi respingono quanto hanno direttamente sperimentato."
Edgar Allan Poe - Il gatto nero

RECENSIONE
Leggere un qualsiasi racconto di "Sua Maestà" Edgar Allan Poe, significa prepararsi ad entrare in un vortice nero che non si sa dove può portare, una discesa nei cupi abissi della follia, nei meandri più oscuri della psiche umana.
Questa antologia, uscita nel 1845 con il semplice titolo Tales (Racconti), non fa eccezione anzi, se possibile, spinge ancora di più il lettore in questi arcani labirinti.
In queste pagine è raccolto il fior fiore della produzione letteraria dello scrittore di Baltimora, con alcune vette di eccellenza assoluta come La caduta della Casa Usher, Il gatto nero, Il cuore rivelatore, Il pozzo e il pendolo.
L'incontenibile estro narrativo di Poe corre senza freno lungo i binari delle emozioni più tetre, e chiunque sia appassionato di cinema o letteratura thriller, horror o fantastica sa bene che tutto è partito da qui, dal genio di un autore che non venne adeguatamente compreso nell'epoca in cui è vissuto, forse anche per via della sua personalità estremamente complessa e stravagante.
È una scrittura che scatena sensazioni malate, eppure non si riesce a fare a meno di insistere e scendere ancora di più nelle tenebre, in quel vortice di delirio creato da resoconti agghiaccianti come avviene ad esempio ne La sepoltura prematura.
Difficile dire qualcosa che non sia già stato detto (e chi scrive è assolutamente di parte) su quello che è, indiscutibilmente ed a tutti gli effetti, il padre del gotico, o sulle sue opere, pertanto, se non avete mai letto nulla di Poe, il miglior consiglio che posso darvi è di non indugiare oltre e di porre rimedio a questa lacuna.
E ricordate che: 
"Varcata la soglia sarai vincitore,
uccisa la Bestia, lo scudo al migliore."

BF

Nella nostra libreria:
Edgar Allan Poe
Racconti del terrore (Tales)
ed. Tascabili Economici Newton 
95 pag.
traduzione di Daniela Palladini e Isabella Donfrancesco




La figlia di un soldato non piange mai - Kaylie Jones (1990)

"<<Che razza di nome è Channe? Non riesco a farci l'abitudine. Non potevano chiamarti Betty, per esempio?>>.
<<Viene da Charlotte-Anne, il nome della sorella di mio padre. Morì prima che io nascessi.>>
<<Voi ricchi avete sempre dei nomi strani>>."
Keith e Channe

TRAMA
Quando Benôit entra nella sua vita, "in un giorno color giallo limone", Channe ha appena quattro anni, e l'idea di dover dividere di punto in bianco i suoi giocattoli ma soprattutto l'affetto dei suoi genitori e della tata Didi con un altro bambino non le piace affatto. Con lui instaura quindi fin da subito un rapporto conflittuale di amore-odio, gelosa di questo sconosciuto che non sa nemmeno parlare inglese, la lingua dei suoi genitori, e che l'ha strappata dall'unicità del meraviglioso mondo ovattato in cui viveva fino al momento dell'adozione del fratello.
Man mano che crescono, Channe e Benôit (che decide nel frattempo di farsi chiamare Billy) diventano sempre più diversi: lui si chiude in sè stesso, cercando di rinnegare il suo essere francese per dimenticare il trauma dell'abbandono, mentre lei cambia ragazzo di continuo.
Una volta adulti, le loro strade sembrano dividersi, fin quando l'improvvisa morte del padre li riavvicina, spingendoli a cercsre la verità sul passato di Billy nel diario scritto dalla sua giovane madre naturale e custodito fino ad allora dal genitore appena deceduto.

RECENSIONE
Questo terzo libro di Kaylie Jones, figlia del grande James Jones (La sottile linea rossa), è una semi-autobiografia straordinaria, che tratta argomenti non facili quali l'adozione, il complesso rapporto tra fratelli, i disagi adolescenziali.
Pur narrando momenti anche molto crudi, la Jones non cade mai nello scontato, nè nel volgare. Al contrario: essendo l'intera storia (o quasi) narrata in prima persona da Channe, al lettore viene spontaneo immedesimarsi in lei, e non vivrà quindi le sue turbolenze amorose come un mero abbandono alle pulsioni sessuali, ma come un tentativo di superare il complesso di Elettra trovando una figura maschile di riferimento con cui sostituire quella paterna, ai suoi occhi perduta con l'adozione di Billy.
Per i cinefili non posso mancare di segnalare l'adattamento cinematografico di James Ivory del 1998.

BW

Nella nostra libreria:
Kaylie Jones
La figlia di un soldato non piange mai (A Soldier's Daughter Never Cries)
ed. Garzanti
185 pag.
traduzione di Annamaria Biavasco e Valentina Guani

  

martedì 24 settembre 2013

Il grande salto - Elmore Leonard (1969)

"Non lo so. Al momento non è che mi serve un amante, Jackie, ma solo uno specialista di furto con scasso."
Nancy

TRAMA
Nella regione dei Grandi Laghi, in Michigan, c'è una estesa coltivazione di cetrioli, qui lavora come bracciante agricolo stagionale Jack Ryan, ex giocatore di baseball caduto in disgrazia che un bel giorno decide di prendere a mazzate il caposquadra messicano, così viene licenziato. 
Mentre si appresta a fare i bagagli per tornarsene a Detroit però, fa la conoscenza di Nancy, annoiata e provocante diciottenne che di fatto si fa mantenere da Mr. Ritchie, il ricco proprietario terriero noto come "Il re dei cetrioli".
Nancy, che pare un tipino decisamente sveglio, si diverte a stuzzicare Bob, il tirapiedi del boss, ma quando incontra Ryan sposta completamente il suo interesse verso quest'ultimo.
Si instaura tra i due un rapporto dove è Nancy a "sottomettere" Jack, che nel frattempo è stato assunto come factotum dal signor Majestyk, giudice di pace e proprietario di un motel, il Bay Vista.
L'uomo infatti è del tutto stregato dalla ragazzina, che si diverte a fargli fare le cose più eccessive come infilarsi in una casa chiaramente abitata, raggiungere la camera ed infilarsi a letto nudi. 
Il chiodo fisso di Nancy però è un altro: appropriarsi dei cinquantamila dollari, le buste paga dei braccianti, che ogni mese vengono portati ai campi e vengono depositati in un capanno per una notte intera, e per fare questo ha bisogno di Jack.
Cinquantamila dollari praticamente incustoditi, che chiedono solo di essere rubati per fare il Grande Salto e sparire insieme a godersi la vita da qualche parte. 
Sembra facile no? In fondo che ci vuole...

RECENSIONE
Il grande salto rappresentò un importante punto di svolta nella carriera di Leonard, in quanto segnò il suo debutto come scrittore di crime fiction, avendo fino a quel momento pubblicato soprattutto opere di genere western.
In seguito verranno tratti dai suoi racconti film di grande successo come Get Shorty, Out of  Sight Jackie Brown, solo per citare i più noti, ma all'epoca in cui scrisse questo romanzo era ancora semisconosciuto e svolgeva l'attività di pubblicitario.
Questo libro quindi, ha rappresentato veramente una sorta di Grande Salto, e non possiamo fare altro che apprezzarne alcune particolarità, che col passare del tempo verranno affinate, che simboleggiano lo stile Leonardiano.
Storia coinvolgente, ritmo incalzante, personaggi caratterizzati molto bene e, non ultimi, i brillantissimi dialoghi (con molti giochi di parole non proprio semplici da rendere in italiano) che aiutano il lettore ad immergersi in tutto e per tutto nel racconto.
Dirvi di più significherebbe davvero rischiare spoiler clamorosi, pertanto l'unico consiglio che mi sento di darvi è di leggere quanto prima Il grande salto per capire che razza di fenomeno fosse Elmore Leonard.
Provare per credere.

BF

Nella nostra libreria:
Elmore Leonard
Il grande salto (The Big Bounce)
ed. Einaudi Stile Libero Noir
235 pag.
traduzione di Luca Conti







Casa di bambola - Henrik Ibsen (1879)

"Un fatto è certo, cara piccola Nora. Il mio lucherino è grazioso, ma gli occorre tanto denaro. È incredibile quanto può costare un uccellino a un povero marito!"
Helmer 

TRAMA
Quella di Nora Helmer è l'esempio di famiglia modello: un buon marito che ha appena avuto un'importante promozione, giusto appena prima di Natale, tre stupendi bambini, ben accuditi dalle fedeli domestiche, e il migliore amico di famiglia, il fidato Dottor Rank, che non manca di far loro visita almeno una volta al giorno. Sarebbe tutto perfetto, se non fosse che Nora custodisce un terribile segreto: anni prima infatti, per salvare la vita al marito Torvald, aveva contratto un debito a sua insaputa con il losco avvocato Krogstad, e per far ciò aveva falsificato la firma del defunto padre.
Ma quando la vigilia di Natale le fa visita, dopo tanti anni, l'amica d'infanzia Karsten, vedova Linde, e la prega di fare da ambasciatrice e di spendere una buona parola col marito per farle avere un posto presso il Credito Industriale dove lui è appena diventato il Direttore, le cose si complicano. Nora infatti accetta di buon grado di aiutare l'amica, che infatti ottiene il lavoro, ma a scapito del licenziamento proprio di Krogstad, che comincia a ricattarla.
Nora precipita così in una spirale di disperazione, tanto da accarezzare l'ipotesi del suicidio, fin quando, scoperta dal marito ma subito salvata dallo stesso Krogstad, che pentitosi le restituisce l'obbligazione, rendendola a tutti gli effetti non più denunciabile, si rende infine conto per la prima volta di essere sempre stata solo una bambola nelle mani di compiaciuti "bambini viziati": prima suo padre, poi suo marito, che l'hanno sempre e solo considerata come un oggetto da possedere e mostrare con orgoglio e mai come un essere pensante e con sentimenti.
Presa coscenza di ciò, decide di non poter più sopportare una simile esistenza, e rinuncia a tutto, marito, figli e il benessere placido ed adagiato che la sua posizione le garantiva, andandosene di casa.

RECENSIONE
Scritta nel 1879, la commedia in tre atti Casa di bambola fece molto scalpore, vendendo in appena due settimane tutti gli 8.000 esemplari della prima edizione. Ibsen venne accusato di femminismo estremo, ma come disse lui stesso "Che da molte parti sarebbe stato contestato lo sapevo in anticipo; se il pubblico nordico fosse stato tanto evoluto da non sollevare dissensi sul problema, sarebbe stato superfluo scrivere l'opera".
Casa di bambola in realtà non vuole semplicemente essere una critica alla condizione femminile del XIX secolo, ma in generale all'ipocrisia della borghesia dell'epoca, dove ciò che contava era l'apparenza delle cose, e occorreva sempre dare l'impressione di essere felici.
Nora, chiamata spesso dal marito allodoletta o lucherino, è in effetti un uccellino che vive in una gabbia, per quanto dorata, ma destatasi dal suo sogno ovattato rifiuta le leggi, a suo dire solo parole scritte in un libro, che le impediscono di amare e vivere a modo suo. Ella rimane un eroina per tutte le donne, anche quelle di oggi, per la determinazione ad assicurarsi il diritto di essere un individuo e non l'appendice di un uomo a lei vicino. Il suo personaggio, che pare sia ispirato ad un'amica di Ibsen che all'epoca destò scandalo presso la società borghese nordica dell'epoca, risulta moderno anche dopo più di un secolo, considerando che purtroppo in molte parti del mondo a tutt'oggi le donne non hanno ancora ottenuto gli stessi diritti e privilegi riconosciuti agli uomini, anzi, in alcuni casi la loro condizione è persino peggiore di quella denunciata dallo scrittore norvegese.

BW

Nella nostra libreria:
Henrik Ibsen
Casa di bambola (Et Dukkehjem)
ed. Tascabili Economici Newton
93 pag.
traduzione di Lucio Chiavarelli

 

lunedì 23 settembre 2013

Blackout - Gianluca Morozzi (2004)

"Sto parlando tanto per darti il tempo di ritornare cosciente, che ti voglio sveglio, io. Se uno fa un lavoro di fino vuole che sia apprezzato, allora, dimmi, ci sei? Riesci a parlare?"
Ferro 

TRAMA
È ferragosto, a Bologna. La città è completamente deserta, le strade vuote e la gente si è rifugiata nei luoghi di villeggiatura per sfuggire all'afa soffocante tipica del capoluogo emiliano.
In un condominio di venti piani in periferia ci sono tre persone che prendono insieme l'ascensore.
C'è Claudia, una ragazza che ha appena finito il turno al bar dove lavora e che vive nel palazzo con Bea, un'attrice con la quale ha una relazione e che al momento si trova all'estero a girare una fiction. L'unica cosa che desidera, al momento, è rincasare e farsi una bella doccia per scrollarsi di dosso l'umidità appiccicosa e la stanchezza.
C'è Tomas, 16 anni, che vive lì con i genitori ma che è tornato solo per prendere alcune cose e poi scapperà ad Amsterdam, in una fuga d'amore con Francesca, una coetanea con la quale ha deciso di cominciare una nuova vita.
Ed infine c'è Ferro, sposato, un figlio viziato ed una moglie che lo è ancora di più, conosciuto proprietario di locali notturni, Elvis maniaco fino al midollo e serial killer a tempo perso.
In quel palazzo possiede, all'insaputa di tutti, un appartamento che utilizza come quartier generale ed archivio dei filmini snuff che gira personalmente con le sue malcapitate vittime. Va molto di fretta in quanto deve prelevare alcuni "ferri del mestiere" e correre in una baracca fuori città, dove tiene imprigionato un ragazzo che sta torturando in modo orribile.
Tutto ad un tratto le luci si spengono e l'ascensore si blocca, proprio a metà strada tra l'undicesimo ed il dodicesimo piano.
A questo punto inizia un tremendo incubo: tra il caldo insopportabile, la sete, i cellulari che non connettono più e gli spazi ristretti, le ore passano senza che nessuno venga a liberare i tre.
E se pensate che non ci sia niente di peggio, vi state sbagliando alla grande...

RECENSIONE
Magistrale esempio di thriller dai toni claustrofobici, Blackout è una storia che trasuda suspance ad ogni pagina.
Gianluca Morozzi è bravissimo a dosare sapientemente angoscia ed inquietudine, in un racconto che risveglia paure inconsce e fa precipitare i protagonisti in un inferno dal quale pare impossibile uscire, il tutto aggravato dalla tensione palpabile che comincia presto a serpeggiare tra i personaggi.
Il finale poi, rivelerà un colpo di scena davvero inaspettato e, secondo me, molto ingegnoso. 
La dimostrazione lampante che, anche in Italia, vi sono autori di genere in grado di scrivere libri eccitanti e capaci di tenere il lettore costantemente inchiodato alla storia.

BF

Nella nostra libreria:
Gianluca Morozzi
Blackout
ed. Guanda Editore
202 pag.

  



Il Signore delle Mosche - William Golding (1954)

"Sono tutti morti [...] e questa è un'isola. Nessuno sa che siamo qui. Il tuo papà non lo sa, nessuno lo sa..."
Piggy

TRAMA
Un gruppo di ragazzini scampati ad un disastro aereo si ritrova naufrago su un'isola deserta. Tra tutti in particolar modo ne spiccano due: il biondo Ralph, pacato, riflessivo e lungimirante, ed il fulvo Jack, impulsivo, individualista ed irruente.
In breve tempo i ragazzi, capeggiati da Simone, consigliere di Ralph ed organizzatore della costruzione delle capanne, riescono a fondare una società tribale ben strutturata e democratica, che permetterebbe loro di sopravvivere con un discreto benessere fino all'arrivo dei tanto attesi soccorsi.
Ma ben presto le diverse personalità si scontrano in una feroce lotta di potere, fomentata anche dalla paura ancestrale risvegliata nei giovani da una misteriosa "Bestia", una presenza indefinita intravista da alcuni dei più piccoli.
Questo conflitto degenera fino all'irreparabile, in una spirale di violenza che priverà per sempre i ragazzi della loro innocenza.

RECENSIONE
Perché Lost ha avuto tanto successo? Perché, a mio avviso, ha preso spunto, almeno in parte, dal primo capolavoro dello scrittore britannico Premio Nobel per la Letteratura 1983.
Numerose sono infatti le analogie con Il Signore delle Mosche, anche se il telefilm ne ha sfruttato solamente la parte più leggera e "commerciale".
Il romanzo infatti, al di là della trama in sè, vuole essere una feroce critica alle maggiori istituzioni ed all'uomo in primis: come ebbe modo di dire lo stesso Golding "L'uomo produce il male come le api producono il miele". Molteplici sono le chiavi di lettura della storia, che dovrebbero far riflettere sui disagi e sulle problematiche della società contemporanea.
Se Rousseau sosteneva che "é la società a corrompere l'uomo, per sua natura buono", il pessimismo di Golding ne sovverte completamente la teoria, dimostrando che, al contrario, l'uomo preso individualmente sia per istinto violento e bestiale.
Un libro che a mio parere dovrebbero far leggere ai ragazzi a scuola, innanzitutto perchè è più che mai attuale; in secondo luogo, perchè sviscera temi che li riguardano direttamente; infine, ma non meno importante, perchè è un'avventura appassionante ed un eccellente esempio di letteratura contemporanea.
 
BW

Nella nostra libreria:
William Golding
Il Signore delle Mosche (Lord of the Flies)
ed. La Biblioteca di Repubblica
223 pag.
traduzione di Filippo Donini